Fabio e Pietro (rigorosamente in ordine alfabetico). Siamo una Famiglia dal 17 Novembre 2001.
martedì 1 gennaio 2008
Capodanno 2008
E a reti unificate vi facciamo i nostri migliori auguri per il nuovo anno.
Ovviamente non poteva mancare il dietro le quinte di questo lunghissimo lavoro…
AUGURI!
venerdì 21 dicembre 2007
New York - Parte II
Il terzo giorno nella Big Apple prevede finalmente una visita mirata. Non si gira più alla cazzo ma, guide alla mano, si prevedono di fare cose, di vedere posti. La meta prefissata è Liberty Island (che non è un videogioco ma è l'isoletta con sopra la famosa statua...). Cioè finalmente potremo vedere il simbolo dell’America, la prima cosa che quei poveri emigranti vedevano dopo giorni e giorni e giorni di stenuante navigazione. Leggiamo che la partenza per l’isola si effettua al molo di Battery Park, di fronte all’"antichissimo" Castle Clinton (in America hanno un senso dell'antico che è tutto loro!). Usciamo dalla metro e un terribile vento gelido ci porta via anche le mutande. Con le dita dei piedi e le orecchie mozzate dal gelo stoicamente resistiamo in coda, ma solo finché ci scappa l’occhio su un cartello scritto a mano e affisso al vetro della biglietteria: “posti esauriti. non è più possibile visitare la statua della libertà. tickets solo per l’isola”. Sconfortati decidiamo che non è il caso di imbarcarci, dato che dal nostro punto di vista il non poter salire sulla statua è come non essere mai andati a New York. Un breve giretto per il parco tra scoiattoli grandi come marmotte e tacchini, e decidiamo di ripiegare per il Financial District, risalendo la Broadway fino all’albergo. Ovviamente solo dopo esserci soffermati per un momento davanti alla sfera del WTC, posizionata a Battery Park così com’è stata ritrovata dopo gli attacchi dell’11 settembre (e questa cosa si, che fa rabbrividire...). Foto davanti al toro simbolo della borsa di New York, Wall Street, Trinity Church, Ground Zero (che purtroppo, o per fortuna, è solo un immenso cantiere. Nessun faro notturno proiettato verso lo spazio, niente fiori, nessuna foto a ricordare quel giorno là. E fa pure un po’ impressione osservare i turisti che fanno i numeri pur di riuscire a scavalcare con lo sguardo e con le macchine fotografiche le barriere protettive del cantiere; per cercare cosa, poi? Per vedere cosa? Per avere un click come cimelio?).
Risalendo la Broadway decidiamo per l'ennesimo cambiamento di programma e deviamo verso il Ponte di Brooklyn, con visita all’omonimo quartiere. Diciamo che Manhattan vista dal ponte merita il viaggio. Specie se la giornata è tersa come quella che abbiamo trovato noi. Brooklyn poi è un paesino nella città. Un incanto. Vialoni puliti e ordinati ma anche graziosissime stradine residenziali dal sapore famigliare, tipiche di certi film (in generale, grazie al bombardamento da film e telefilm cui ci sottoponiamo costantemente, in qualunque posto ci siamo trovati ci siamo sempre sentiti in posti famigliari). Morale, Brooklyn è un percorso davvero delizioso e rilassante, da non perdersi assolutamente.
Ritorno in metro fino all’albergo; ormai è buio. Doccia, profumo e via al Top of the Rock, sopra il Rockfeller Center. Lì apprendiamo che, oltre dover pagare 19$ a cranio per salire (se non ricordo male) c'è pure il Cirque du Soleil in città con uno spettacolo natalizio. Ci brillano gli occhi...
Al Rockfeller Center, per la prima volta, entriamo realmente in contatto con la paura dei newyorkesi. Paura che già si percepisce e subodora in aeroporto, prima in Italia con i mille controlli, poi all’arrivo con le code e le procedure per il visto di ammissione. Per salire in cima al grattacielo bisogna passare un metal detector, svuotare le tasche e far passare giacche, le borse e i cellulari ai raggi x. Al Top of the Rock non è possibile utilizzare il treppiede (il che è una bella fregatura se ci sali di sera e vuoi fare qualche bella foto notturna!). Scopriremo in seguito che la faccenda del treppiede non è una mera questione commerciale (tu non lo puoi usare e se vuoi la foto ricordo te la facciamo noi) e che il "terrore del terrorismo" non è solo del Rockfeller Center...
In questo filmato:
1) Grattacielo a Battery Park
2) James Watson House
3-5) Battery Park
6) World War II Memorial
7) The Sphere, WTC
8-9) Financial District
10) Trinity Church
11) Cimitero di Trinity Church
12-13) Wall Street
14-15) A Ground Zero
16-17) Verso il Ponte di Brooklyn
18) Ponte di Brooklyn
19) L’ammòre mio
20) Me
21) Sempre il Ponte di Brooklyn
22) Manhattan dal Ponte
23-24) Ponte di Brooklyn alla nausea!
25-26) Brooklyn (ma stavolta il quartiere!)
27) Manhattan da Brooklyn
28) Statua della Libertà da Brooklyn (eccheccazzo!)
29-31) Dal Top of the Rock
32-34) Il famoso (!) albero del Rockfeller Center
35) E per concludere… Palle di Natale!
Con questo post ovviamente cogliamo l'occasione per augurare di cuore a voi tutti (quanti sarete... 4? 5?) uno splendido Natale ed un ottimo inizio d'anno, ché magari in questi giorni non riusciamo più a postare nulla. A presto!
mercoledì 19 dicembre 2007
Un consiglio, in attesa di scrivere ancora su New York...
mercoledì 12 dicembre 2007
New York - Parte I
Il volo diretto Malpensa – Newark ci porta comodamente alle porte di New York City in sole 8 ore. Il capitano di turno ci tiene ad informare noi passeggeri, come se mi avesse letto nel pensiero ed avesse scoperto la mia paura di volare, che il volo sarà tranquillo viste le eccezionali condizioni climatiche ad alta quota. Specifica inoltre che piccole, leggere, turbolenze, “assolutamente normali”, ci attenderanno al nord della Francia e sulle coste americane. C’è anche da dire che in business class viaggia il sig. Andrea Pezzi. E si sa, quando c’è un vip a bordo l’aereo non può certo precipitare.
L’arrivo su Newark piuttosto che su JFK ti concede quel giusto antipasto visivo ad alta quota sui grattacieli di Manhattan che non è per niente male. Ci sentiamo quindi di consigliare vivamente questo aeroporto al JFK, che sarà pure più importante per dimensioni e numero di collegamenti, ma che dal punto di vista della vista non è appagante (azz!). Se poi però spendete meno arrivando sul JFK fottetevene della vista ed atterrate pure lì.
(Amore, dici che capiranno che stiamo scrivendo queste cose a notte fonda?)
L’aeroporto ci fa già sentire spaesati. Ma questo ci capita con tutti gli aeroporti nuovi (ci è capitato persino con quello di Orio al Serio la prima volta che ci siamo entrati per prendere un volo Ryanair!). Io devo assolutamente fumare ma il non conoscere le loro leggi in materia mi paralizza e quindi evito.
Troviamo un banco informazioni. Dobbiamo capire come arrivare in città adesso. Col nostro fantastico inglese riusciamo, in quattro e quattro otto, a prenotare uno shuttle; l’autista, un nano portoricano dal pessimo inglese e dall’orribile spagnolo, che mastica cicca mentre parla contemporaneamente a due cellulari (e guidando!) ci fa fare sei o sette giri dell’aeroporto per raccattare mezzo mondo e infine, imbucando finalmente il tunnel Holland, ci fa entrare nella fantascientifica Manhattan.
A Manhattan, che colpisce di botto sono
Il traffico e i clacson
L’ombra anche a mezzogiorno
Le strade tutte a griglia tranne una
Dopo un trasferimento infinito, ed io in piena astinenza da fumo, riusciamo a mettere piede davanti all’albergo, il Mansfield Hotel. L’hotel, 12 piani in tutto, paragonato agli edifici circostanti pare una minipalazzina. La nostra stanza, all’11° piano, è piccina ma pulita e graziosa.
Dopo una doccia scendiamo per fare un breve giretto del circondario, scoprendo così di essere dietro Times Square. Il gelo è indescrivibile. Tira una bora che la metà basta! L’indomani, infatti, ci alzeremo che nevica. Ma non “nevica” nel senso candido e armonioso che conosciamo noi poveri provinciali italiani. No, no, nevica nel senso di “c’è una tormenta di neve”! Che però, per fortuna, dura poco. Ciò nonostante il gelo è sempre più gelato e girare con i quattro straccetti che ci siamo portati dall’Italia non è proprio possibile. Questo ci costringe ad uno shopping fuori programma (caspita, che disdetta!), facendoci visitare dei capisaldi storici della NYC da vestire: Macy’s e Bloomingdales.
In allegato il riassunto fotografico dei primi due giorni. Per cortesia, siate clementi che questo è il nostro primo esperimento e poi ci distruggete l'autostima...
In questo filmato:
1) Dallo shuttle dell'autista portoricano nano
2) Grattacielo Met Life (ex PanAm)
3–8) Times Square
9) Alcova
10) Alcova con Pietro (non è bellissimo?)
11) Alcova con Fabio e Pietro
12-18) Bryant Park
19-20) Nei pressi del Rockfeller Center
Prossimamente la continuazione, con nuove foto e alcune chicche dalla Big Apple.
martedì 11 dicembre 2007
Stato di famiglia
Molto carina l’impiegata che mi ha chiesto di falsificare il motivo del rilascio dei certificati. “Se lo chiedi per il lavoro devo fartelo con la marca da bollo, 14 euro e rotti per uno più 14 euro e rotti per l’altro, cioè circa 30 euro per un paio di fogli così banali. No, no, falsifica pure il motivo per cui ti serve che tanto non lo controlla nessuno e risparmi... ‘Sti scemi, se facessero pagare un solo euro per qualsiasi certificato sarebbe decisamente meglio”.
Sereno per gli euro risparmiati, sono lì che mi dirigo verso il parcheggio dove avevo lasciato l’auto quando, quasi per sbaglio, mi casca l’occhio sul certificato relativo allo stato di famiglia. Cazzo! Ma lì c’è scritto che Pietro ed io siamo la stessa famiglia! Ecco… e adesso? Non è che quando lo consegnerò l’Inquisitore questo comincerà a farmi qualche domanda? Ché io non sono pronto, che io per queste cose devo trovare i miei tempi, i miei ritmi, il mio modo? Oddio, che ansia.
lunedì 10 dicembre 2007

Uff.
Noi siamo rientrati.
E di cose da raccontare e da far vedere ce ne sono un sacco. Perchè NYC è grande. Mooolto grande.
Ci piacerebbe però farlo per bene, con tutte le fotine e filmatini messi lì per benino. Abbiate quindi un po’ di pazienza, che prima o poi ce la faremo.
P.S.: la foto sopra non c'entra una mazza col nostro viaggio. L'ho solo trovata in rete e l'ho postata perchè mi son piaciuti i colori...
venerdì 30 novembre 2007
-1/3
mercoledì 28 novembre 2007
Olivia e la palestra
Mi imbatto così in un programma che si chiama So 80’s, contenitore di tutta una serie di canzoncine risalenti a quel fantastico periodo e che sfortunatamente – per ovvie questioni anagrafiche ma non solo! – non sono riuscito a vivermi totalmente.
Ad un bel momento mi passano il video di Physical, della Olivia Newton John e mi son detto:
1. Dev'essere uno scherzo per il fatto che poche ore prima mi sono iscritto in palestra.
2. Mica me lo ricordavo io, che finiva in quel modo lì. Troppo avanti, l’Olivia!
-2 e 1/2
Ed è stato proprio lì che ho realizzato che stiamo per partire. Partire. Cioè, due giorni e mezzo e saremo sul volo per NY.
Dopo tutti gli sbattimenti di questo periodo non ci avevo più pensato e adesso che stiamo per imbarcarci non mi pare vero...
Ogni volta che ci ritroviamo a partire per un viaggio ci ripromettiamo di tenere scritto un diario delle cose fatte, dei posti visti, delle emozioni provate.
Succede però che quando arriva sera, cioè dopo che abbiamo camminato per un’intera giornata e finalmente ci ritiriamo in stanza, quando sarebbe il momento giusto per buttar giù due righe, ci passa completamente la voglia.
Se per caso questa volta riusciremo nel nostro intento ve lo comunicheremo al rientriamo.
venerdì 23 novembre 2007
Un punto di vista
Capita spesso che E. mi chieda di uscire con lui per “chiacchierarcela”. C’è intesa e parlare per ore ed ore diventa un bell’esercizio notturno.
Capita a volte però che E. all’ultimo minuto inviti altra gente ad unirsi alla serata “a due”, trasformandola in una normalissima, e comunque quasi sempre piacevole, cena di gruppo.
Ieri sera i fortunati estratti per la cena a due sono D., avvocatessa ultracinquantenne triste e sola nel suo universo di solo lavoro; predilige amicizie gaie perché “siamo più sensibili”, dice, ma è palese che si rifugia tra di noi per dare quella botta di trasgressività ad una esistenza altresì monotona e piatta, e I., 46enne rude, ma non ostile anzi, alla mano, con la battuta sempre pronta ed un cuore generoso, lo si percepisce subito, capace anche di zittirsi per ascoltare ed imparare.
I. passa gran parte della serata a raccontarci dei mille lavori che ha fatto, dal gestore di un ristorante al protettore di prostitute. Ascoltarlo parlare è dare adesso la botta di trasgressività alla mia, di vita, che improvvisamente mi appare piatta e monotona come quella di D.
I. è attualmente l’amante di E.
Perché a I. piace unicamente ed esclusivamente un particolare tipo di persona, uno dalle caratteristiche ben precise, bene definite: non deve avere meno di sessant’anni, deve avere la pelle flaccida e rugosa, le palpebre devono essere cascanti e gli occhi opachi, i capelli radi e possibilmente bianchi.
I. ha un pregio davvero raro: sa raccontare senza fronzoli, senza giochi di sponda. Sa essere diretto, senza appiccicare fastidiose quanto inutili sovrastrutture ai suoi dialoghi. E tutto questo, nonostante il piacere di ascoltare una persona così, spiazza, perchè non più abituati.
I. ad un certo punto dice che gli piacerebbe poter provare attrazione per uno “sbarbato” come me. Per poter vivere un aspetto dell’amore che, visti i suoi gusti, non ha mai potuto sperimentare: la progettualità di una coppia. A lui piace viaggiare, movendosi come capita. Gli piacciono le atmosfere torride dell’Africa e certi angoli sperduti della Cina. Ci va a piedi o sul dorso di un mulo, dormendo dove può. “Capite bene che non è roba per anziani, questa…”. Lui vorrebbe poter provare a condividere un tetto, un letto, un carrello della spesa. “Capite bene che non è roba per un anziano che da sempre ha vissuto in un certo modo…”.
Lui stesso però racconta degli stratagemmi che ha adottato nell’arco della sua esistenza per poter sfuggire tranquillamente a qualsiasi situazione che prevedesse come epilogo una coppia. “Mi manca il fiato… ho da sempre rifiutato il concetto del noi. Per me è sempre stato io e te, io e voi, io e loro. Mai –mai!– noi…”
A me viene spontaneo chiedere. “Scusa se te lo chiedo, ma questo tuo gusto particolare in fatto di uomini, è perché ti piacciono veramente-veramente gli uomini decrepiti, o è forse una fantastica scusa proprio per non mettersi mai in gioco e quindi non approdare alla fantomatica progettualità di coppia? E’ davvero un tuo gusto o è forse paura, e quindi fuga, e quindi scusa?”.
I. sorride: “ottima domanda…” Buffo, perchè a me la domanda sembrava idiota. E forse lo era anche ma, forse, I. aveva voglia di raccontarcelo comunque e ha solo preso la palla al balzo.
“ottima domanda, Fabio. Che dire… forse sono un po’ tutte e due le cose… Non saprei. Alle volte l'una e altre volte l'altra, chi lo sa. Però forse, più di tutto, è l’imprinting. Ogni essere umano riceve da piccolo un preciso imprinting, sul quale poi baserà l’intera propria esistenza. Ecco, si, nel mio caso direi che è proprio perché ho ricevuto quel tipo specifico di imprinting. Le cose che cerco in un uomo, le labbra inesistenti, le palpebre che coprono l’occhio, le mani rugose e macchiate, le chiappe flaccide, le palle molli e cascanti, sono tutte cose che cerco perché è così che è stato all’inizio, perché è in questo modo che io ho provato piacere le prime volte…”
A questo punto io non so più bene cosa pensare, non so se quello che ci sta dicendo è realmente quello che mi sembra di intuire, è veramente quello che credo di capire. “…scusa se ti interrompo, ma… stai forse dicendo che…” “Si. Sto dicendo proprio quello che hai capito. Quand’ero piccolo, quand’ero un ragazzetto, 12 o 13 anni credo, i miei per svariati motivi spesso dovevano andare via e ovviamente, non potendo portarmi con loro e non potendomi lasciare a casa da solo, mi portavano a casa del nonno, il papà di mia mamma. Prima ogni tanto, poi sempre più spesso, poi anche durante tutti i mesi delle vacanze. E il nonno era un pedofilo. Ed io mi ricordo perfettamente, come fosse stamattina, quelle sue mani chiazzate che menavano i nostri uccelli, quelle sue labbra sottili come fessure che mi baciavano con passione. E quella sensazione inebriante al passare le mie mani sulla sua testa calva, carezzando quei capelli bianchi e radi…”
“…perdona ancora l’interruzione I., ma sfugge qualcosa. Nel senso che mi pare tu ne stia parlando come di una cosa fantastica, come di un qualcosa che non ha eguali… come dire, non sento astio, non sento ira, nelle tue parole…”
“…ma certo che non provo ira, ci mancherebbe altro! E’ stata l’esperienza più appagante, più educativa, più godereccia dell’intera mia esistenza. Sarei deficiente se non fossi grato per le cose meravigliose che ho vissuto con lui, grazie a lui, per quelle sensazioni così intense che ha saputo regalarmi negli anni in cui l’ho potuto frequentare. Vedete, io non credo minimamente in tutti quei cazzo di mostri cui la televisione e i media in generale vogliono farci credere. Quella è la ricerca forsennata del capro espiatorio, quella è la caccia a streghe che in realtà non esistono se non nella testa malata e contorta di gente che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, che vede il demonio e il male in qualsiasi cosa la circondi. Al giorno d’oggi è impensabile che una persona matura possa prelevare dei bambini dall’asilo e portarseli dove gli pare senza che nessuno, no, dico, nessuno!, se ne accorga! Per dio, certo, poi le menti bacate esisteranno pure, certamente è possibile ipotizzare che ci sia gente che cerca i marmocchi per il puro gusto di fare del male, di torturare, ma come esistono i minchioni che spaccano la testa alle mogli, o madri che prese da chissà quale raptus uccidono i figli, o chissà quale altra bestialità ancora, ma questi non sono i pedofili. I pedofili è altra cosa, è altra pasta, è amore…”