lunedì 20 dicembre 2010

Diventare papà

Sara è una bella bimba di quasi tre anni. Vedendo la sua foto in bianco e nero, in bella mostra nella cornice scura, capisco che dev’essere una bella birba. Le brillano gli occhietti. Vive con la sua mamma, in un appartamento lì vicino.
Giulio è un quarantenne. Convive col suo compagno Dario in un grazioso ed accogliente appartamento al secondo piano di questa palazzina. Sono una bella coppia, gioviali e desiderosi di “mettersi a nudo” per aiutarci. Ci raccontano, per renderci partecipi, per darci uno spunto, per rassicurarci anche.
Paola è una ragazza che troviamo davvero bella. Anche di testa. Per ovvi motivi è dovuta a tornare a vivere dai suoi, ma grazie al cielo nessuno le ha toccato il suo turno e può continuare a godere della loro compagnia.
Tiziana, che nella sua famiglia è vista come quella saggia, convive con Rita in provincia di Milano. E’ grazie a loro che abbiamo potuto conoscere Dario e Giulio.
La foto di Sara è appesa nel soggiorno di Dario e Giulio. Perché Sara è la figlia di Giulio. E Paola è la sua co-mamma.
Tiziana sarà la mamma di Thomas. E Thomas sarà anche figlio mio.
Manca poco ormai. Davvero poco. L’avventura di co-parenting, iniziata ormai parecchi mesi or sono, sta per affrontare, dopo il concepimento, un’altra importantissima tappa: la nascita del cucciolo!
Sono molto emozionato. Finalmente sto per conoscere lo scricciolo che scalcia nella pancia di Tiziana. Finalmente sto per assistere alla venuta al mondo di quel piccolo fagotto che, da sempre, ho tanto desiderato. Finalmente sto per vedere il frutto di un percorso tutto sommato nemmeno tanto lungo e decisamente molto emozionante.
E’ buffo pensare di aver accantonato, anni fa, il mio desiderio di paternità “solo” perché omosessuale. Oggi mi fa specie questo pensiero, mi fa tenerezza, mi fa sorridere. E mi sorprendo ancor di più se penso alla meraviglia del “destino” che, quando avevo ormai cominciato ad abituarmi all’idea di una vita senza figli, all’improvviso interseca la nostra strada con quella di Tiziana e Rita.
Non è stata una scelta facile. Non lo è stata anche perché i rispettivi partner non contemplavano questo genere di sviluppo delle coppie. In soldoni, nonostante Pietro sapesse che avevo sempre desiderato diventare padre, tra di noi non era mai stata presa in considerazione l’eventualità che potesse accadere, non avevamo mai affrontato l’argomento in maniera approfondita e, tantomeno, ci eravamo mai interessati da un punto di vista “operativo”. Ed evidentemente i due anni trascorsi dal momento della richiesta al momento del concepimento non sono bastati per metabolizzare questo enorme cambiamento, facendoci partire tutti un po’ sul chi va là. Ciascuno di noi quattro aveva più di un buon motivo per rimanere ancorato alle proprie idee, alle proprie convinzioni e risultare così inamovibile rispetto alle proprie posizioni, rendendo i rapporti di quel tempo decisamente caldi e burrascosi. E’ chiaro che oggi non posso che ringraziare il mio compagno; non posso che essergli riconoscente per avermi lasciato la libertà di scegliere e per aver deciso di essere ancora qui, al mio fianco. Nonostante sia palese che non capirò mai fino in fondo il senso delle sue – legittime – perplessità, così come probabilmente lui non riuscirà mai a sentire quell’impulso che ha spinto me ad intraprendere un percorso così oggettivamente complicato e destabilizzante, il fatto che oggi stiamo parlando di passeggino, di cameretta per il bambino, di organizzazione dei week-end insieme, significa che forse i nove mesi della gravidanza di Tiziana ci sono serviti per ritrovare la nostra armonia e per costruire nuovi equilibri, cominciando a vivere insieme, ma insieme per davvero, questa straordinaria avventura.
Io in questo momento ho paura. Mille pensieri, mille emozioni, tutto molto altalenante. Difficile anche riuscire a dare un senso a ciò che provo. Un susseguirsi di montagne russe sia in testa che nella pancia. Sarò in grado? Sarò bravo? Come sarò? E con Tiziana? Andrà tutto bene? Ci troveremo? Ci capiremo? Come saremo? E il resto del mondo? Ci capirà? Ci ostacolerà o invece ci appoggerà? Tanta paura, si. Ma in realtà, se mi fermo un istante, mi rendo conto che in fondo non m’importa se in certi momenti il dubbio mi assale, se in alcuni attimi della giornata tremo come una foglia, se alle volte, pensando al piccolo in arrivo, mi sento spaesato, senza punti fissi, senza appigli, se mi rendo conto che avere un figlio nella nostra situazione non è come quando l’hanno avuto mia sorella e suo marito. Perché se avessi deciso di lasciar perdere, se avessi optato per non salire su questo treno, certo che oggi sarei meno inquieto, certamente non starei sulle spine e non avrei determinati dubbi sul domani. Ma che prezzo avrei dovuto pagare per stare “sereno”? Se avessi rifiutato, se avessi deciso che non era il caso di mettermi in ballo, oggi non sarei in procinto di diventare papà, avrei perso il privilegio di assistere alla gravidanza di Tiziana, mi sarei fatto mancare la possibilità di spendere delle mezze giornate cercando il nome da dargli, mi sarei negato l’ebbrezza di passare del tempo crogiolandomi nell’immaginare le mie, le nostre, giornate da spendere assieme a lui. Davvero preferisco mille volte quel farmi mancare il respiro ogni tanto, quel sentirmi immerso in quel senso di vuoto dettato dal non sapere ancora cosa succederà domani, pur di averne ricevuto in cambio il sorriso e la contentezza di Tiziana nel constatare di essere rimasta incinta; pur di ricevere in cambio un bello svenimento nel momento in cui probabilmente entrerò in sala parto e lo vedrò sbucare, tremante, indifeso; pur di ricevere in cambio la possibilità di poterlo carezzare, di poterlo vedere finalmente in faccia, di poterlo tenere tra le braccia e di potergli sussurrare quanto l’ho desiderato, quanto l’ho aspettato.

venerdì 26 novembre 2010

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E' proprio vero che alle volte, nella vita, il detto "anno nuovo, vita nuova", ha un sapore del tutto particolare...