venerdì 21 dicembre 2007

New York - Parte II

Il terzo giorno nella Big Apple prevede finalmente una visita mirata. Non si gira più alla cazzo ma, guide alla mano, si prevedono di fare cose, di vedere posti. La meta prefissata è Liberty Island (che non è un videogioco ma è l'isoletta con sopra la famosa statua...). Cioè finalmente potremo vedere il simbolo dell’America, la prima cosa che quei poveri emigranti vedevano dopo giorni e giorni e giorni di stenuante navigazione. Leggiamo che la partenza per l’isola si effettua al molo di Battery Park, di fronte all’"antichissimo" Castle Clinton (in America hanno un senso dell'antico che è tutto loro!). Usciamo dalla metro e un terribile vento gelido ci porta via anche le mutande. Con le dita dei piedi e le orecchie mozzate dal gelo stoicamente resistiamo in coda, ma solo finché ci scappa l’occhio su un cartello scritto a mano e affisso al vetro della biglietteria: “posti esauriti. non è più possibile visitare la statua della libertà. tickets solo per l’isola”. Sconfortati decidiamo che non è il caso di imbarcarci, dato che dal nostro punto di vista il non poter salire sulla statua è come non essere mai andati a New York. Un breve giretto per il parco tra scoiattoli grandi come marmotte e tacchini, e decidiamo di ripiegare per il Financial District, risalendo la Broadway fino all’albergo. Ovviamente solo dopo esserci soffermati per un momento davanti alla sfera del WTC, posizionata a Battery Park così com’è stata ritrovata dopo gli attacchi dell’11 settembre (e questa cosa si, che fa rabbrividire...). Foto davanti al toro simbolo della borsa di New York, Wall Street, Trinity Church, Ground Zero (che purtroppo, o per fortuna, è solo un immenso cantiere. Nessun faro notturno proiettato verso lo spazio, niente fiori, nessuna foto a ricordare quel giorno là. E fa pure un po’ impressione osservare i turisti che fanno i numeri pur di riuscire a scavalcare con lo sguardo e con le macchine fotografiche le barriere protettive del cantiere; per cercare cosa, poi? Per vedere cosa? Per avere un click come cimelio?).

Risalendo la Broadway decidiamo per l'ennesimo cambiamento di programma e deviamo verso il Ponte di Brooklyn, con visita all’omonimo quartiere. Diciamo che Manhattan vista dal ponte merita il viaggio. Specie se la giornata è tersa come quella che abbiamo trovato noi. Brooklyn poi è un paesino nella città. Un incanto. Vialoni puliti e ordinati ma anche graziosissime stradine residenziali dal sapore famigliare, tipiche di certi film (in generale, grazie al bombardamento da film e telefilm cui ci sottoponiamo costantemente, in qualunque posto ci siamo trovati ci siamo sempre sentiti in posti famigliari). Morale, Brooklyn è un percorso davvero delizioso e rilassante, da non perdersi assolutamente.

Ritorno in metro fino all’albergo; ormai è buio. Doccia, profumo e via al Top of the Rock, sopra il Rockfeller Center. Lì apprendiamo che, oltre dover pagare 19$ a cranio per salire (se non ricordo male) c'è pure il Cirque du Soleil in città con uno spettacolo natalizio. Ci brillano gli occhi...

Al Rockfeller Center, per la prima volta, entriamo realmente in contatto con la paura dei newyorkesi. Paura che già si percepisce e subodora in aeroporto, prima in Italia con i mille controlli, poi all’arrivo con le code e le procedure per il visto di ammissione. Per salire in cima al grattacielo bisogna passare un metal detector, svuotare le tasche e far passare giacche, le borse e i cellulari ai raggi x. Al Top of the Rock non è possibile utilizzare il treppiede (il che è una bella fregatura se ci sali di sera e vuoi fare qualche bella foto notturna!). Scopriremo in seguito che la faccenda del treppiede non è una mera questione commerciale (tu non lo puoi usare e se vuoi la foto ricordo te la facciamo noi) e che il "terrore del terrorismo" non è solo del Rockfeller Center...



In questo filmato:
1) Grattacielo a Battery Park
2) James Watson House
3-5) Battery Park
6) World War II Memorial
7) The Sphere, WTC
8-9) Financial District
10) Trinity Church
11) Cimitero di Trinity Church
12-13) Wall Street
14-15) A Ground Zero
16-17) Verso il Ponte di Brooklyn
18) Ponte di Brooklyn
19) L’ammòre mio
20) Me
21) Sempre il Ponte di Brooklyn
22) Manhattan dal Ponte
23-24) Ponte di Brooklyn alla nausea!
25-26) Brooklyn (ma stavolta il quartiere!)
27) Manhattan da Brooklyn
28) Statua della Libertà da Brooklyn (eccheccazzo!)
29-31) Dal Top of the Rock
32-34) Il famoso (!) albero del Rockfeller Center

35) E per concludere… Palle di Natale!


Con questo post ovviamente cogliamo l'occasione per augurare di cuore a voi tutti (quanti sarete... 4? 5?) uno splendido Natale ed un ottimo inizio d'anno, ché magari in questi giorni non riusciamo più a postare nulla. A presto!

mercoledì 19 dicembre 2007

Un consiglio, in attesa di scrivere ancora su New York...

Mai e poi mai, ma proprio mai, tenere un flacone di lubrificante al sapore di fragola nel cassettino del bagno. Specie se la mattina si è di fretta o particolarmente rincoglioniti.

mercoledì 12 dicembre 2007

New York - Parte I

Il volo diretto Malpensa – Newark ci porta comodamente alle porte di New York City in sole 8 ore. Il capitano di turno ci tiene ad informare noi passeggeri, come se mi avesse letto nel pensiero ed avesse scoperto la mia paura di volare, che il volo sarà tranquillo viste le eccezionali condizioni climatiche ad alta quota. Specifica inoltre che piccole, leggere, turbolenze, “assolutamente normali”, ci attenderanno al nord della Francia e sulle coste americane. C’è anche da dire che in business class viaggia il sig. Andrea Pezzi. E si sa, quando c’è un vip a bordo l’aereo non può certo precipitare.

L’arrivo su Newark piuttosto che su JFK ti concede quel giusto antipasto visivo ad alta quota sui grattacieli di Manhattan che non è per niente male. Ci sentiamo quindi di consigliare vivamente questo aeroporto al JFK, che sarà pure più importante per dimensioni e numero di collegamenti, ma che dal punto di vista della vista non è appagante (azz!). Se poi però spendete meno arrivando sul JFK fottetevene della vista ed atterrate pure lì.
(Amore, dici che capiranno che stiamo scrivendo queste cose a notte fonda?)

L’aeroporto ci fa già sentire spaesati. Ma questo ci capita con tutti gli aeroporti nuovi (ci è capitato persino con quello di Orio al Serio la prima volta che ci siamo entrati per prendere un volo Ryanair!). Io devo assolutamente fumare ma il non conoscere le loro leggi in materia mi paralizza e quindi evito.

Troviamo un banco informazioni. Dobbiamo capire come arrivare in città adesso. Col nostro fantastico inglese riusciamo, in quattro e quattro otto, a prenotare uno shuttle; l’autista, un nano portoricano dal pessimo inglese e dall’orribile spagnolo, che mastica cicca mentre parla contemporaneamente a due cellulari (e guidando!) ci fa fare sei o sette giri dell’aeroporto per raccattare mezzo mondo e infine, imbucando finalmente il tunnel Holland, ci fa entrare nella fantascientifica Manhattan.

A Manhattan, che colpisce di botto sono
Il traffico e i clacson
L’ombra anche a mezzogiorno
Le strade tutte a griglia tranne una

Dopo un trasferimento infinito, ed io in piena astinenza da fumo, riusciamo a mettere piede davanti all’albergo, il Mansfield Hotel. L’hotel, 12 piani in tutto, paragonato agli edifici circostanti pare una minipalazzina. La nostra stanza, all’11° piano, è piccina ma pulita e graziosa.

Dopo una doccia scendiamo per fare un breve giretto del circondario, scoprendo così di essere dietro Times Square. Il gelo è indescrivibile. Tira una bora che la metà basta! L’indomani, infatti, ci alzeremo che nevica. Ma non “nevica” nel senso candido e armonioso che conosciamo noi poveri provinciali italiani. No, no, nevica nel senso di “c’è una tormenta di neve”! Che però, per fortuna, dura poco. Ciò nonostante il gelo è sempre più gelato e girare con i quattro straccetti che ci siamo portati dall’Italia non è proprio possibile. Questo ci costringe ad uno shopping fuori programma (caspita, che disdetta!), facendoci visitare dei capisaldi storici della NYC da vestire: Macy’s e Bloomingdales.

In allegato il riassunto fotografico dei primi due giorni. Per cortesia, siate clementi che questo è il nostro primo esperimento e poi ci distruggete l'autostima...

In questo filmato:

1) Dallo shuttle dell'autista portoricano nano
2) Grattacielo Met Life (ex PanAm)
3–8) Times Square
9) Alcova
10) Alcova con Pietro (non è bellissimo?)
11) Alcova con Fabio e Pietro
12-18) Bryant Park
19-20) Nei pressi del Rockfeller Center

Prossimamente la continuazione, con nuove foto e alcune chicche dalla Big Apple.

martedì 11 dicembre 2007

Stato di famiglia

Stamattina sono passato in comune per richiedere il certificato di residenza e lo stato di famiglia. Due di tanti altri documenti necessari al nuovo datore di lavoro per potermi assumere.
Molto carina l’impiegata che mi ha chiesto di falsificare il motivo del rilascio dei certificati. “Se lo chiedi per il lavoro devo fartelo con la marca da bollo, 14 euro e rotti per uno più 14 euro e rotti per l’altro, cioè circa 30 euro per un paio di fogli così banali. No, no, falsifica pure il motivo per cui ti serve che tanto non lo controlla nessuno e risparmi... ‘Sti scemi, se facessero pagare un solo euro per qualsiasi certificato sarebbe decisamente meglio”.
Sereno per gli euro risparmiati, sono lì che mi dirigo verso il parcheggio dove avevo lasciato l’auto quando, quasi per sbaglio, mi casca l’occhio sul certificato relativo allo stato di famiglia. Cazzo! Ma lì c’è scritto che Pietro ed io siamo la stessa famiglia! Ecco… e adesso? Non è che quando lo consegnerò l’Inquisitore questo comincerà a farmi qualche domanda? Ché io non sono pronto, che io per queste cose devo trovare i miei tempi, i miei ritmi, il mio modo? Oddio, che ansia.

lunedì 10 dicembre 2007



Uff.
Noi siamo rientrati.
E di cose da raccontare e da far vedere ce ne sono un sacco. Perchè NYC è grande. Mooolto grande.
Ci piacerebbe però farlo per bene, con tutte le fotine e filmatini messi lì per benino. Abbiate quindi un po’ di pazienza, che prima o poi ce la faremo.

P.S.: la foto sopra non c'entra una mazza col nostro viaggio. L'ho solo trovata in rete e l'ho postata perchè mi son piaciuti i colori...

venerdì 30 novembre 2007

-1/3


Bene.
E con oggi noi vi si saluta per una decina di giorni.

Fate i bravi, mi raccomando.

A presto,
F & P

mercoledì 28 novembre 2007

Olivia e la palestra

Ero lì bello spaparanzato sul divano, schifato dai programmi televisivi in onda (l’Isola dei Famosi da una parte, Vacanze di Natale 95 – 95! – dall’altra) quando decido di girare su MTV e di ascoltarmi, quantomeno, un po’ di musica.
Mi imbatto così in un programma che si chiama So 80’s, contenitore di tutta una serie di canzoncine risalenti a quel fantastico periodo e che sfortunatamente – per ovvie questioni anagrafiche ma non solo! – non sono riuscito a vivermi totalmente.
Ad un bel momento mi passano il video di Physical, della Olivia Newton John e mi son detto:
1. Dev'essere uno scherzo per il fatto che poche ore prima mi sono iscritto in palestra.
2. Mica me lo ricordavo io, che finiva in quel modo lì. Troppo avanti, l’Olivia!

-2 e 1/2

Ieri sera sono passato in agenzia per completare le formalità burocratiche necessarie alla nostra partenza (ovvero fare e pagare l’assicurazione sanitaria, “indispensabile” per i viaggi negli USA).
Ed è stato proprio lì che ho realizzato che stiamo per partire. Partire. Cioè, due giorni e mezzo e saremo sul volo per NY.
Dopo tutti gli sbattimenti di questo periodo non ci avevo più pensato e adesso che stiamo per imbarcarci non mi pare vero...
Ogni volta che ci ritroviamo a partire per un viaggio ci ripromettiamo di tenere scritto un diario delle cose fatte, dei posti visti, delle emozioni provate.
Succede però che quando arriva sera, cioè dopo che abbiamo camminato per un’intera giornata e finalmente ci ritiriamo in stanza, quando sarebbe il momento giusto per buttar giù due righe, ci passa completamente la voglia.
Se per caso questa volta riusciremo nel nostro intento ve lo comunicheremo al rientriamo.

...Sempre che interessi a qualcuno, ovviamente...

venerdì 23 novembre 2007

Un punto di vista

Frequento E. da circa 10 anni. E. ha 68 anni.
Capita spesso che E. mi chieda di uscire con lui per “chiacchierarcela”. C’è intesa e parlare per ore ed ore diventa un bell’esercizio notturno.
Capita a volte però che E. all’ultimo minuto inviti altra gente ad unirsi alla serata “a due”, trasformandola in una normalissima, e comunque quasi sempre piacevole, cena di gruppo.
Ieri sera i fortunati estratti per la cena a due sono D., avvocatessa ultracinquantenne triste e sola nel suo universo di solo lavoro; predilige amicizie gaie perché “siamo più sensibili”, dice, ma è palese che si rifugia tra di noi per dare quella botta di trasgressività ad una esistenza altresì monotona e piatta, e I., 46enne rude, ma non ostile anzi, alla mano, con la battuta sempre pronta ed un cuore generoso, lo si percepisce subito, capace anche di zittirsi per ascoltare ed imparare.
I. passa gran parte della serata a raccontarci dei mille lavori che ha fatto, dal gestore di un ristorante al protettore di prostitute. Ascoltarlo parlare è dare adesso la botta di trasgressività alla mia, di vita, che improvvisamente mi appare piatta e monotona come quella di D.
I. è attualmente l’amante di E.
Perché a I. piace unicamente ed esclusivamente un particolare tipo di persona, uno dalle caratteristiche ben precise, bene definite: non deve avere meno di sessant’anni, deve avere la pelle flaccida e rugosa, le palpebre devono essere cascanti e gli occhi opachi, i capelli radi e possibilmente bianchi.
I. ha un pregio davvero raro: sa raccontare senza fronzoli, senza giochi di sponda. Sa essere diretto, senza appiccicare fastidiose quanto inutili sovrastrutture ai suoi dialoghi. E tutto questo, nonostante il piacere di ascoltare una persona così, spiazza, perchè non più abituati.
I. ad un certo punto dice che gli piacerebbe poter provare attrazione per uno “sbarbato” come me. Per poter vivere un aspetto dell’amore che, visti i suoi gusti, non ha mai potuto sperimentare: la progettualità di una coppia. A lui piace viaggiare, movendosi come capita. Gli piacciono le atmosfere torride dell’Africa e certi angoli sperduti della Cina. Ci va a piedi o sul dorso di un mulo, dormendo dove può. “Capite bene che non è roba per anziani, questa…”. Lui vorrebbe poter provare a condividere un tetto, un letto, un carrello della spesa. “Capite bene che non è roba per un anziano che da sempre ha vissuto in un certo modo…”.
Lui stesso però racconta degli stratagemmi che ha adottato nell’arco della sua esistenza per poter sfuggire tranquillamente a qualsiasi situazione che prevedesse come epilogo una coppia. “Mi manca il fiato… ho da sempre rifiutato il concetto del noi. Per me è sempre stato io e te, io e voi, io e loro. Mai –mai!– noi…”
A me viene spontaneo chiedere. “Scusa se te lo chiedo, ma questo tuo gusto particolare in fatto di uomini, è perché ti piacciono veramente-veramente gli uomini decrepiti, o è forse una fantastica scusa proprio per non mettersi mai in gioco e quindi non approdare alla fantomatica progettualità di coppia? E’ davvero un tuo gusto o è forse paura, e quindi fuga, e quindi scusa?”.
I. sorride: “ottima domanda…” Buffo, perchè a me la domanda sembrava idiota. E forse lo era anche ma, forse, I. aveva voglia di raccontarcelo comunque e ha solo preso la palla al balzo.
“ottima domanda, Fabio. Che dire… forse sono un po’ tutte e due le cose… Non saprei. Alle volte l'una e altre volte l'altra, chi lo sa. Però forse, più di tutto, è l’imprinting. Ogni essere umano riceve da piccolo un preciso imprinting, sul quale poi baserà l’intera propria esistenza. Ecco, si, nel mio caso direi che è proprio perché ho ricevuto quel tipo specifico di imprinting. Le cose che cerco in un uomo, le labbra inesistenti, le palpebre che coprono l’occhio, le mani rugose e macchiate, le chiappe flaccide, le palle molli e cascanti, sono tutte cose che cerco perché è così che è stato all’inizio, perché è in questo modo che io ho provato piacere le prime volte…”
A questo punto io non so più bene cosa pensare, non so se quello che ci sta dicendo è realmente quello che mi sembra di intuire, è veramente quello che credo di capire. “…scusa se ti interrompo, ma… stai forse dicendo che…” “Si. Sto dicendo proprio quello che hai capito. Quand’ero piccolo, quand’ero un ragazzetto, 12 o 13 anni credo, i miei per svariati motivi spesso dovevano andare via e ovviamente, non potendo portarmi con loro e non potendomi lasciare a casa da solo, mi portavano a casa del nonno, il papà di mia mamma. Prima ogni tanto, poi sempre più spesso, poi anche durante tutti i mesi delle vacanze. E il nonno era un pedofilo. Ed io mi ricordo perfettamente, come fosse stamattina, quelle sue mani chiazzate che menavano i nostri uccelli, quelle sue labbra sottili come fessure che mi baciavano con passione. E quella sensazione inebriante al passare le mie mani sulla sua testa calva, carezzando quei capelli bianchi e radi…”
“…perdona ancora l’interruzione I., ma sfugge qualcosa. Nel senso che mi pare tu ne stia parlando come di una cosa fantastica, come di un qualcosa che non ha eguali… come dire, non sento astio, non sento ira, nelle tue parole…”
“…ma certo che non provo ira, ci mancherebbe altro! E’ stata l’esperienza più appagante, più educativa, più godereccia dell’intera mia esistenza. Sarei deficiente se non fossi grato per le cose meravigliose che ho vissuto con lui, grazie a lui, per quelle sensazioni così intense che ha saputo regalarmi negli anni in cui l’ho potuto frequentare. Vedete, io non credo minimamente in tutti quei cazzo di mostri cui la televisione e i media in generale vogliono farci credere. Quella è la ricerca forsennata del capro espiatorio, quella è la caccia a streghe che in realtà non esistono se non nella testa malata e contorta di gente che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, che vede il demonio e il male in qualsiasi cosa la circondi. Al giorno d’oggi è impensabile che una persona matura possa prelevare dei bambini dall’asilo e portarseli dove gli pare senza che nessuno, no, dico, nessuno!, se ne accorga! Per dio, certo, poi le menti bacate esisteranno pure, certamente è possibile ipotizzare che ci sia gente che cerca i marmocchi per il puro gusto di fare del male, di torturare, ma come esistono i minchioni che spaccano la testa alle mogli, o madri che prese da chissà quale raptus uccidono i figli, o chissà quale altra bestialità ancora, ma questi non sono i pedofili. I pedofili è altra cosa, è altra pasta, è amore…”
Io sono grato ad I. per la schiettezza, la franchezza e la generosità d’animo. Ma io oggi non sono in grado di farmi un’idea sulle cose che ci ha raccontato ieri sera. Io non ho gli strumenti per farlo, nè sono sufficientemente informato. E onestamente non credo neppure di volermi informare. Perchè le cose che I. ha tirato fuori durante la cena, i racconti che ha condiviso con noi… tanto di cappello, ma è tanto, troppo, per il sottoscritto. E da un punto di vista più ampio, ovvero nel confronto tra le emozioni di cui ci ha voluto partecipi e quei pochi fatti di cui sono a conoscenza, beh, le cose stridono, e parecchio, per i miei gusti; tuttora le immagini si susseguono senza che io riesca a dar loro un senso preciso. Mi sento spaesato di fronte alla sua storia e, forse per codardia, forse per pigrizia, preferisco cercare di ricacciare il tutto. Di seppellirlo nella parte più remota della mia testa.

giovedì 22 novembre 2007

Il gusto pieno della vita

Questa giornatina grigia e piovosa, anche un po’ triste per altri motivi, fa solo venir voglia di andare a casa e stravaccarsi sul divano sotto la copertina di pile. Fa venir voglia di disdire gli appuntamenti serali, chiudere a chiave la porta e piazzarsi davanti al caminetto con l’amaro in mano. Gli occhi chiusi e un po’ di musica in sottofondo.


mercoledì 21 novembre 2007

Crema e gusto!

Poi dicono. Ieri sera si fa zapping e ci si imbatte in quella deliziosa trasmissione condotta da quei simpaticissimi Bonolis & Co.
Cule contro machi.
Si fa giusto in tempo a vedere la sfilata. “Etero di giorno” in giacca e cravatta, “gay di giorno” inguainato in pelli di varia natura, dai pantaloni in pitone alla camicia in salamandra del delta del Po. Donne etero tutto sommato carine, donne gay (anzi bisessuali, specifica il logorroico conduttore!), prese forse dall’ultimo film porno di produzione ungherese. “Etero in intimo” figo e tutto sommato sobrio nel suo apparire, “gay in intimo” che pareva il Gengis Khan dei poveri e che girava fiero del suo sedere inesistente.
Abbiamo cambiato canale.
E poi ci lamentiamo...

Ma bando alle ciance.
Prosegue la telenovela da ufficio. Pare, da fonti certe, cioè dalla zitella quasi in lacrime!, che la love story mai consumata sia già in piena crisi. Il tutto lo si deve ricollegare ad un evento di qualche settimana fa, e cioè a quando l’amministratore delegato, stufo di avere nel suo ufficio una macchinetta per il caffè guasta, decide di disfarsene e di ordinarne una nuova: il nervosismo per non poter offrire le cialde durante le riunioni lo stava consumando. Così succede che la macchinetta viene ordinata. Con piedestallo, che è più chic. Beninteso, nell’ufficio dell’amministratore delegato il posto per piazzarci anche il piedestallo non c’è, ma a quanto pare questo era un dettaglio insignificante e assolutamente trascurabile.
Ieri mattina dunque arriva il tizio con i suoi bei tre scatoloni: uno per la macchinetta, uno per il piedestallo, uno per le cialde. Viene avvisato l’amministratore delegato il quale, candido e solare come fosse appena rientrato dalle ferie dice: “piedestallo? Ma nel mio ufficio il piedestallo non ci sta mica! Facciamo così, che è un’idea geniale, piazziamo il tutto nell’ufficio di R. (la zitella, ndr), che ci sta benissimo”.
L’ufficio di R. è grande 15mq. L’ufficio di R. è pure il mio ufficio. Questo ufficio confina con quello dell’amministratore delegato. Nel giro di un quarto d’ora io e la collega zitella ci siamo ritrovati con una bella macchinetta per il caffè completa di piedestallo tra le balle. A me della macchinetta non frega un cazzo perché tanto sono dimissionario. Da quando l’alambicco è stato montato, nell’ufficio dell’amministratore delegato si sono tenute tre riunioni di seguito. Tutti i partecipanti hanno gradito la degustazione di cialde tenutasi nel nostro ufficio (potete quindi immaginare come sia risultato facile lavorare con 5, 10 persone che chiacchierano in mezzo al tuo ufficio sorseggiando caffè!).
Lei sclera e le viene il mal di testa, le esplodono le vene negli occhi e mette il broncio (“vedrai che adesso mi chiederanno anche di fare il caffè per ogni cazzo di riunione…”)
Il colpo di grazia arriva quando il traditore (cioè il mio capo, cioè l’oggetto del desiderio della mia collega la zitella) scende per la lumata quotidiana, constata che nel nostro ufficio è stata piazzata una macchinetta per il caffè con chicchissimo piedestallo e, rivolgendosi a lei noncurante della sua faccia scura, dei sopraccigli a forma di saetta e del fumo giallo che le usciva dal naso, esclama: “beh dai, oltre che bella è comoda. Così quando faremo le riunioni ci potrai portare i caffè senza affaticarti troppo”.

Pare che lei abbia pianto tutta notte. Pare che lei non voglia più rivolgergli la parola se non per parlare esclusivamente di lavoro. Pare che lei non lo ami più.
In realtà io credo che lei sia esaurita più di me, che il mio capo sia un idiota e che devo scappar via di qui il prima possibile!

martedì 20 novembre 2007

Capodanno?

La storia, ahimè, non decolla. Ovvero la zitella e il traditore non copulano. E questo non solo non giova a loro stessi, perché dovreste vederli quando i loro sguardi si incrociano, o quando lui scende nel nostro ufficio con le scuse più banali pur di passare tre minuti vicino a lei. No, non giova nemmeno al sottoscritto poiché, non potendo/volendo loro dare sfogo all’attrazione, agli impulsi degli ormoni, la tensione che si crea qui in ufficio è alta. Troppo. Qualsiasi sorriso io faccia in presenza del mio capo, qualsiasi battuta io faccia, tutto viene forzatamente riferito alla loro situazione di frustrati del sesso e dell’amore. Lei perché me l’ha raccontato e quindi vive nel terrore che, essendo io dimissionario, possa fare qualche cazzata e confessare a lui che in realtà io so. Lui invece perché ha la coda di paglia e perché è convinto che la mia collega me ne abbia parlato; ipotizza dunque che io sappia, ma non potendo farne cenno alcuno, vive sulle spine ogni momento in cui ci ritroviamo tutti e tre nella stessa stanza, sperando che il mio periodo di preavviso finisca al più presto.

Gira che ti rigira siamo però arrivati a fine novembre. E questo significa che mancano solo 10gg alla partenza per il nostro viaggetto a New York. Non vedo davvero l’ora perché ne ho bisogno. C’è decisamente qualcosa che non funziona in me e che devo decisamente recuperare con un po’ di relax lontano da qui. Pietro stesso mi confessa che secondo lui sono anche lievemente depresso oltre che irascibile, isterico, smemorato (ovviamente non starò qui a descrivere la rava e la fava del perché, chè potrebbe essere spunto per un futuro post qualora me la sentissi un giorno di raccontare).

Così come le luminarie natalizie sono già state accese a fine ottobre un po' qua e un po' là, si comincia anche a sentire la fatidica domanda “ma a capodanno, che si fa?”
Così, tanto per portarci avanti... voi avete idee? Qualche proposta?

E se andassimo tutti a casa di PerSpa?! :-)

domenica 18 novembre 2007

Una bella fiaba

C’era una volta due fiammiferi, diciamo anche due bei fiammiferi!
Un giorno, in una famosa discoteca di Milano si conobbero, ma i tempi non erano quelli giusti e non ci fu il tempo neanche di una sfregatina...
Un anno dopo si ritrovarono in un’altra famosa discoteca di Milano; questa volta era il momento giusto. Bastò una sfregata e la fiamma subito si accese, e dopo pochi mesi già vivevano assieme. Rinforzati dal calore di quella fiamma intorno a loro tutto cambiava e gli altri li ammiravano e magari, un pochino, li invidiavano...
Purtroppo al calore di quella fiamma ci si affeziona, e la crisi fu forte quando la fiamma, che all’inizio scoppiettava allegramente aiutata da quella capocchia scintillante, prese a bruciare il legno, con quell’odore più dolce e un colore più tenue...
Il desiderio di risentire quella fiamma frizzante era forte e così si allontanarono e si lasciarono...
Provarono la solitudine e poi nuove compagnie, frequentarono altri posti con qualche piccolo risultato, ma ancora bramosi di sentire quel calore...
Tentarono di riavvicinarsi, ma mai troppo vicini; l’idea che da qualche parte nel mondo potesse nascondersi qualcuno che poteva riaccendere quella fiamma li rendeva insicuri e instabili.
Ma il destino più di una volta li fece incontrare e poi un giorno si accorsero che quelle fiammelle, che da sole non erano capaci di brillare a sufficienza, se si mettevano vicini vicini si univano e insieme potevano sentire ancora caldo, e più si avvicinavano più la loro fiamma scaldava... E così passò il tempo...
E oggi, dopo sei anni, quelle fiamme ancora brillano e scaldano, e sperano ardentemente, di restare unite, fino a quando l’ultimo brandello di legno non sarà arso e non potranno far altro che spegnersi... E così vissero felici e contenti...Forèver èn èver

Dedicata al mio amore e a tutte le capocchie che decidono di bruciare in fretta, con l’augurio che non si spengano mai...

Dedicata a quella saccente di M. che della vita non ha capito un cazzo!

17.11.2007




...e così succede che tra una cena e l’altra, un po' in sordina, quasi senza volersi far sentire, arriva il giorno del nostro sesto anniversario...

Buon Anniversario, amore mio...

venerdì 16 novembre 2007

Non vedo l'ora sia lunedì!

La cena di ieri è stata un lampo. Due chiacchiere prima, una bella mangiata durante (bravo amore! Da scoprire come insaporire ste merde di zucche che abbiamo qui, ma bravo!), musichetta di sottofondo e ancora due chiacchiere, poi tutti fuori dalle balle.
Il suo capo in realtà già sapeva. Non c’è stato bisogno di fare alcuna presentazione nè di biascicare alcun discorso. Ne abbiamo dedotto (però, che geni né?!) che la collega, essendo anche amica del capo stesso, lo avesse già preparato.
Insomma, abbiamo entrambi vissuto un’intera giornata di ansia per un cazzo. Come al solito.

Quest’ultimo periodo di lavoro nella futura ex azienda mi sta regalando un sacco di emozioni:
1. Innanzitutto non mi lasceranno fuggire prima. Ieri mi hanno ufficializzato che potrò andarmene solo ed esclusivamente al termine del periodo di preavviso (“sai, il tuo lavoro è particolare, qui non c’è nessuno in grado di sostituirti, adesso noi come facciamo”, gnà gnà gnà...). Questo significa che devo stare qui ancora tre mesi (ma che grandissimi stronzi che siete) ed io, in cuor mio, spero vivamente che la futura nuova azienda decida di pagare la penale. Cosicché io possa lasciarvi nella merda da un giorno con l’altro.
2. Il mio capo si è preso una sbandata per la mia collega, la rompicoglioni della gastritella (per inciso, lui è sposato con prole, lei è zitella).
Ora. Lui non è certamente un tocco di figo, ma lei – a parer mio – è davvero cessa. Eppure noto che l’uomo etero medio la punta volentieri. Quindi è vero che tira di più un pelo di f... vabbè.
Il fatto me lo ha raccontato lei quasi in lacrime poiché
- a lei lui è piaciuto da subito, dal primo giorno in cui è arrivato qui
- lui le ha confessato questa cosa di punto in bianco, senza premesse né fronzoli, senza avergliene mai accennato prima, cogliendola di sorpresa
- lui le ha confessato questa cosa dicendole “ti sto dicendo tutto questo perché da oggi, per superare questa mia crisi, non ti degnerò più di uno sguardo e non ti rivolgerò mai più la parola”

Io non vedo l'ora che sia lunedì per vedere cosa succede di nuovo!

giovedì 15 novembre 2007

Inizia la 96 ore...

Parte, da stasera, la super maratona cibaiola di Pietro e Fabio. Il programma della manifestazione prevede:
- stasera, cena a casa con ospiti assortiti
- venerdì sera, cena a casa con coppia di amici
- sabato, pranzo dai miei
e, verosimilmente,
- domenica, pranzo dai genitori di Pietro

Tenete presente che:
- mia mamma non cucina più da secoli perché mio papà è più bravo
- mio papà deve aver sofferto tremendamente la fame in gioventù e quindi cucina sempre dalle 16 alle 25 portate, con porzioni tali da far impallidire i cuochi della mensa della carità di Milano
- la mamma di Pietro è pugliese e, come tradizione vuole, l’ospite non deve alzarsi da tavola se non sta rantolando con la schiuma alla bocca per la quantità di cibo (talmente buono da risultare impossibile dire di no!) ingurgitato

A parte quel fastidioso senso di colpa che scaturisce anche solo all’idea di mangiare così tanto, senza sosta, per i prossimi quattro giorni, senso di colpa che peraltro abbiamo astutamente e abilmente imparato a gestire e a ricacciare indietro, c’è una cosa per cui davvero non riesco a farmene una ragione, a darmi pace: la cena di stasera – quella degli ospiti vari – in realtà è una cena con una collega e il capo di Pietro. Ovvero, Pietro ha improvvisamente deciso di fare coming out!
Già mi immagino la scena:
“Ciao capo, entra, entra pure... dunque, questa è la sala, questa qui è la camera da letto, qui c’è la cucina... e lui? ah si, lui è il mio compagno. Perchè? Oddio, non avrai mica creduto che io sia uno sventrapapere! No, no, per l'amor del cielo...

Sai che c'è amore? C'è che ti ammiro davvero tanto.

martedì 13 novembre 2007

Energym!

Pietro è tornato dalla sua prima serata in palestra un po’ deluso.
Nemmeno il mio delizioso filetto di cernia al forno [salato] con patate arrosto [crude] è riuscito a tirarlo su di morale. “Lì dentro, se escludiamo gli ultrasessantenni, sono il più grasso! Che vergogna...”
Ma no, amore mio, non ti preoccupare. Tra un mesetto ti raggiungo e non ti sentirai più solo!

La palestra pare essere davvero microscopica. E anche abbastanza disorganizzata.
Unico aspetto positivo degno di nota: le docce, aperte, senza pareti laterali!

Presente Nip&Tuck? Humm...

lunedì 12 novembre 2007

Noi ci riproviamo

Anche la mia piccina, non ce la fa più. E’ stanca di passare ore ed ore in coda dietro a vecchissimi tir che ci sgasano in faccia per tutto il tempo; è stanca di farsi tutti quei chilometri che non finiscono mai. Oggi continuava a spegnersi e a tossire con quel rumore tipico di malattia grave. Sono molto preoccupato. Temo che presto dovrò portarla a far vedere, prima che ci lasci i pistoni possibilmente…
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E’ fatta. Pietro, con uno scatto nuovo, mai visto prima, ha detto “basta” ed ha preso la situazione in mano. E’ da giorni infatti che ci rifiutiamo di guardarci allo specchio nudi. Una roba orrenda, uno spettacolo indecente che si protrae ormai da troppo tempo. E così l’ammòre mio, visto anche il totale fallimento dietetico, ha trovato sta palestra vicino casa e sabato siamo andati ad iscriverlo. Si perché io nemmeno pippando coca riuscirei, adesso. Lo seguirò a ruota non appena cambierò lavoro.
La palestra è si piccina, ma è anche tutta tutta arancione e con le macchinine nuove nuove e la sala per fare Body Tonic o Body Pump (quelle cose da fighe in cui sudi come elefanti a suon di musica).
Ci accoglie l’energumeno Enrico, che per farci vedere quanto è macho parla di figa e di calcio con stile “bella fratello!” e con quell’accento inconfondibile (vi ricordo che ormai abitiamo al confine con la provincia bergamasca).

P&F: “L’altra volta la tua collega mi ha parlato di una tariffa famiglia. Noi possiamo…?”
E: “He he he” (da leggersi con voce gutturale)
P&F: “…”
E: “He he he… Bè, se siete amanti si, he he he”
P&F: “Bene, allora vorremmo iscriverci con la tariffa famiglia”
E: “He he he…”
P&F: “…”
E: “He, he…”
P&F: “…”
E: “He…”
P&F: “…”

Pietro stasera avrà la prima seduta, quella in cui senza possibilità di barare in modo alcuno vengono prese le misure (base x altezza x pi greco/2) affinché si tengano sotto controllo i “miglioramenti”. Se riesco a convincerlo prossimamente inserirò foto del punto di partenza. A gennaio certamente piazzerò la mia (e la stamperò e la calamiterò al frigo!).Speriamo solo di riuscire a farci forza a vicenda per non desistere al secondo mese...

giovedì 8 novembre 2007

Con un pò di fatica

Vero! Inutile sforzarsi, mettere in piazza i fatti miei, lo sa Fabio e lo sanno tutti quelli che mi conoscono, non è affatto una cosa che mi piace.
Non condividevo nemmeno l’idea del Blog inteso come diario di vita, al principio, poi mi sono accorto che, superato il pregiudizio, la cosa è divertente...
Mi è piaciuto vedere cosa può succedere in rete, che ci si può conoscere e ci si può “dare” delle cose anche a molti kilometri di distanza...
Ma ciò non toglie che: se sono incazzato mi chiudo in me stesso, se sono triste mi chiudo in me stesso, se sono sconvolto mi chiudo in me stesso, se sono malato mi arrabbio e divento triste, quindi mi chiudo in me stesso... Se sono felice lo dimostro al mio Fabietto e a chi mi sta vicino, ma lungi da me l’idea (o addirittura la preoccupazione) di informare di ciò la Community...
Invidio Fabio, invidio la sua capacità (e anche il coraggio suo e di tutti voi) di esternare la sua rabbia, il suo disappunto, e anche la sua gioia; e di ricevere continuamente suggerimenti, parole di incoraggiamento, complimenti...
Io mi sono abituato a vivermi tutto da dentro, il mio motto è sempre stato “chi fa da se fa per tre” e “ grazie del consiglio, so sbagliare anche da solo”. Agli occhi dei molti posso apparire forte e sicuro di me, di fatto somatizzo ogni cosa in coliche intestinali dolorosissime che mi inchiodano a letto un Week-End ogni tre.
Aggiungi a questo che la mia scrivania si trova in mezzo ad un Open-Space dove il mio capo è alle mie spalle e ho due colleghi ai fianchi.... Senza contare che l’amministratore delegato appare magicamente alle mie spalle anche quando inavvertitamente ho cickato sull’icona con la scritta “e” , oppure quando sto rispondendo a una e-mail.
Il mio telefono, infine,le rare volte che sono in ufficio, squilla senza sosta....
E a casa... arriviamo alle 21, mangiamo alle 22 e alle 22.15 siamo già morti sul divano!
Non chiudiamo il blog, io lo leggo, quando posso, mi fa piacere tenere alcuni contatti, e mi accorgo che, anche se oggi sei disfattista, per te è una cosa importante, e io mi sentirei in colpa se lo chiudessi solo per il fatto che non hai ricevuto da questa idea la risposta che ti aspettavi...
Oppure ne hai già aperto uno sotto falso nome in cui puoi parlare liberamente senza che io ti legga e dove fai il porco ?!!!?

mercoledì 7 novembre 2007

Di quando mi sveglio con la vena disfattista

L’altro ieri è stato perché un tir con triplo rimorchio diretto al capannone della DHL pretendeva di fare inversione a U in una strada di campagna a una corsia per senso di marcia (ovviamente corredata di fossi ai lati).
Ieri è stato perché un trattore aveva sfondato il fianco del pulmino-navetta che l’albergo a una stella e mezza “Da Maria Pia” mette a disposizione della sua gentile clientela per portarla a Linate.
Oggi invece è stato perché c’era una nebbia tale che gli aerei diretti a Linate, ingannati dai fendinebbia dei tir, atterravano direttamente sulla Paullese.
Insomma, son tempi bui. E da chè ho rassegnato le dimissioni, la voglia di venire a lavorare qui è passata del tutto. Inizialmente mi svegliavo – e scendevo dal letto! – alle 6,20 in punto. Adesso se riesco ad aprire almeno un occhio verso le 7 è decisamente tanto…
E’ iniziato il conto alla rovescia, e questa è l’unica cosa che riesce a darmi sollievo.

La mia collega è stata a casa due giorni per malattia. E’ rientrata oggi ed è da stamattina che risponde, a chiunque le chieda cos’abbia avuto, che è rimasta a casa per una gastritella. Gastritella… ma come cazzo si fa a chiamarla così. Ecco, oggi ho scoperto che gastritella è una parola che mi irrita terribilmente.

Leggo appassionatamente e quotidianamente, perché quotidianamente viene aggiornato, il blog di Per e Spa. Per come stanno le cose, ahimè, non posso fare altro che invidiarli. Invidiare questa loro costanza nell’aggiornare il blog, intendo. Invidiare la loro comune passione internettiana, poiché Hansel e Gretel, nelle intenzioni di base, avrebbe dovuto essere più o meno la stessa cosa. Purtroppo a Pietruzzo, complice anche il tipo di lavoro che fa, di scrivere “cose private” per un “pubblico” non gliene può fregare di meno. Non ha questa vena esibizionistica nel sangue.Patato, e se sto blog lo chiudessimo una volta per tutte?

mercoledì 31 ottobre 2007

Come on baby light my fire

E così scese la sera su una giornata lunga e stancante.
Salii in macchina, esausto; le lenti a contatto che cominciavano a bruciare, le spalle indolenzite, la pioggerellina, il movimento ipnotico dei tergicristalli, la coda interminabile e le luci rosse, i pensieri.

Però poi arrivare a casa. E trovarti già lì, che mi aspetti.
E vedere che hai già preparato tutto. Quindi sedersi sui nostri sgabelloni rossi, sotto la luce soffusa del lampadario, darsi il bacino del buon appetito, guardarsi, sorridere, chiacchierare.
Fottersene bellamente della dieta e accoccolarsi sul divano con la ciotola di crema della Centrale in grembo. Assaporarne il gusto, riscaldati dal nostro abbraccio e dal crepitio della legna che brucia nel caminetto...


No dai, basta. Troppo sdolcinato. Troppo baita di montagna. Manca giusto la pelle d’orso e siamo a posto.


Però ti amo, amore. Mi sembra di non dirtelo mai abbastanza.

martedì 30 ottobre 2007

Terrorizzato

E infine giunse il momento di rassegnare le dimissioni.
Adesso tutte le tensioni accumulate in questo periodo possono finalmente sciogliersi del tutto. Le spalle possono rilassarsi. Il collo può sciogliersi.
Non è stato facile. Ieri sera ero entusiasta di aver firmato la loro proposta mentre stanotte sono stato assalito da miliardi di pensieri inquietanti. Avrò fatto una cosa saggia? Avrò riflettuto a sufficienza su questa mia scelta? E sarà poi la scelta giusta? Cosa mi aspetta adesso? Come sarà di là? Chi ci sarà?

Amore mio, grazie. Grazie davvero. Grazie per esserci stato nel precisissimo istante in cui ho vacillato, nel momento stesso in cui ho avuto assoluto bisogno di sentirti dire le cose che mi hai detto. Grazie a te, alla tua voce, alle tue parole, uscire di casa stamattina è stato più facile.

Comunicare le mie dimissioni non è stata una passeggiata. O meglio, fisicamente lo è stato, visto che io e il mio capo abbiamo camminato per una mezz’ora buona nel cortile dell’azienda mentre si parlava di sta faccenda. Ma emotivamente (che strano!) è stata durissima. Con quali parole, con che tono, con quale espressione si dovrebbe affrontare un discorso centrato sulle proprie dimissioni? Beh, qualsiasi cosa io sia riuscito a produrre, alla fine il messaggio è comunque arrivato a destinazione. A prescindere dalle mie seghe mentali.
Patato, sta per iniziare qualcosa di nuovo, sto per immergermi in una nuova dimensione e tutto questo coinvolgerà indirettamente anche noi due. Ho voglia di spiccare il volo. Tu però stammi comunque vicino, che non si sa mai…

martedì 23 ottobre 2007

Dell'Inquisitore e di altre amenità...

Ora che tutto comincia a sistemarsi, posso provare a rilassarmi e a raccontare.
Perché essere emotivi è bello, ma solo quando questo fa sì che io passi le ore a piangere davanti ad una scena meravigliosamente commovente, come quella in cui Anton Ego viene fatto tornare bambinetto piagnucolante per le ginocchia sbucciate e viene quindi coccolato dalla sua dolce mammina con una squisita ratatouille.
Quando invece si tratta di cose serie, di fatti della vita che vanno affrontati e gestiti, l’essere emotivo - ovvero il non essere in grado di far fronte alla massiccia dose di stress, di ansia, di agitazione – di certo non mi aiuta ad affrontare le giornate. E passare tre settimane con un torcicollo pressoché continuo, isterico, intoccabile, inguardabile, con tutti i nervi affioranti, le unghie pronte a schizzare fuori per massacrare il primo malcapitato, non è certo cosa salutare…
Per fortuna, ogni tanto, le cose tornano a mettersi bene ed io posso finalmente tirare un bel sospiro di sollievo.
Le cose dunque stettero così, e adesso addirittura riesco a concedermi il piacere di scherzarci sopra:

  1. Papà, almeno per ora, non dovrà più farsi operare alla prostata ma proverà prima una qualche cura super chimica. Probabilmente il tumore alla prostata gli verrà per via di questa cura, ma almeno per ora non ci pensiamo
  2. Mamma non ha un tumore al seno e quindi – viva iddio! – nessuno le asporterà le bocce. Io e mia sorella comunque l’abbiamo già rassicurata: nella peggiore delle ipotesi, quelle nuove gliele regaliamo noi, una per Natale e una per il compleanno
  3. Mia sorella è di nuovo incinta. Visto che la prima gravidanza se l’è passata senza alcun problema ed ha sfornato un bel maschietto, e visto che adesso invece sta vomitando da più di tre mesi, noi tutti speriamo che questa volta ci regali una dolce femminuccia
  4. L’inquisitore, alla fin fine, si è fatto risentire per fissare l’ultimo e decisivo appuntamento (cioè quello della proposta economica). E ciò significa che se non succedono cataclismi dell’ultima ora, se non mi faranno brutti scherzi, a breve potrei ritrovarmi a lavorare per un’altra azienda. Ah, dimenticavo: l’ipotetico nuovo lavoro dista 2,4km da casa. Cioè, non so se mi spiego…

mercoledì 3 ottobre 2007

Uff...

Oggi mi sento come una tredicenne che si strugge di dolore davanti ad un telefono che non squilla.
Per colpa tua.
E anche per colpa dell'inquisitore.

Lo scrivo solo perché devo cacciar fuori chè altrimenti schiatto.

Poi magari un giorno ve lo spiego. Ma forse no.


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Update del giorno dopo:
L'inquisitore si è fatto vivo
E la gallina, secondo me, ha cantato...
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mercoledì 26 settembre 2007

La prima volta

Qualche settimana fa c’è stata una bella riunione di famiglia alla festa degli alpini del paesello in cui abitano i miei. Polenta e brasato tra zii e zie, cugini e cugine, cognati, consuoceri e chi più ne ha più ne metta. Un evento raro per la mia famiglia, poco unita da questo punto di vista, poco incline ai grandi raduni, ai ritrovi organizzati per il puro piacere di vedersi, di salutarsi, di scambiare quattro chiacchiere.
E’ stata decisamente una bella serata e per me anche una specie di dichiarazione/conferma al parentado, più o meno tacita e più o meno ufficiale, del mio essere in coppia con Pietro.
Tra tutti i partecipanti c’era pure mia cugina Barbara con la quale, a fine cena, durante una “pausa sigaretta”, si è parlato apertamente e per la primissima volta della mia omosessualità. Ad un certo punto, dopo averle raccontato la nostra storia e i nostri passi più recenti, se ne viene fuori con un bel “ma cosa ve ne frega se l’Italia è bigotta e non vi permette di sposarvi. Tanto voi la casa insieme l’avete comprata, vivete insieme, di fatto siete una coppia a tutti gli effetti”.
Me ne vergogno come se avessi fatto un torto alla causa omosessuale, prima che a me stesso, ma è stato lì che mi sono reso conto di non essere in grado di spiegare a un eterosessuale qualsiasi (quindi non la tua migliora amica, che ti conosce da quando avevi 5 anni e con la quale passi più tempo possibile) il valore, il significato, il motivo per cui desidero che la mia coppia sia riconosciuta e considerata come una famiglia, senza distinzione alcuna da quella tradizionale. E non perché non abbia saputo argomentare con parole sufficientemente convincenti ed efficaci le mie rimostranze ma perché non sono stato in grado di contrastare in qualche modo quel suo sguardo vacuo, perplesso, tipico di chi prova ad ascoltare ma non capisce. Mentre parlavo infatti, mentre tentavo di spiegarle il mio concetto di “visibilità” e di “riconoscimento sociale”, mi rendevo sempre più conto che in fin dei conti lei è eterosessuale, cresciuta in un contesto sociale in cui il problema non solo non è un problema, ma neppure esiste come argomento, come concetto da discutere. Un po’ come un vocabolo sconosciuto: non ne puoi conoscere il significato semplicemente perché non sai nemmeno della sua esistenza. Ho capito che quelli che cercavo di trasmetterle sono concetti così intrinseci nella sua vita, talmente permeati nel suo dna da non essere nemmeno più presi in considerazione dalla coscienza, dalla ragione; argomenti così lontani anni luce da quella quotidianità preconfezionata in cui è nata e in cui vive da non rendersi nemmeno conto che quello che per lei è, per l’appunto, quotidianità, normalità, consuetudine, per qualcun altro, per me e per Pietro, è in realtà un beneficio, un privilegio, uno status che ancora non abbiamo raggiunto.
Per carità, so perfettamente di aver scoperto l’acqua calda, ed è forse anche vero che né io né mia cugina siamo due menti eccelse, due arguti individui in grado di filosofeggiare sui massimi sistemi, ciò non toglie che per me è stata la prima volta. La prima volta in cui mi sono trovato di fronte (e su cui ho provato a soffermarmi) a questo gap, a questo divario di percezioni che, allo stato attuale delle cose, mi pare decisamente insormontabile.
Come ne vengo fuori, dunque? Voglio dire, come faccio a far capire, non a parole bensì nel profondo delle viscere, nella pancia, col cuore? A qualcuno di voi è capitata la stessa cosa? Qualcuno di voi, nel momento stesso in cui parlava di queste cose, ha avuto la palpabile percezione, la concreta certezza, che l’interlocutore stesse realmente capendo ciò che gli stavate comunicando anziché annuire solo perché è cosa gradita farlo?Ma soprattutto, perché dev’essere sempre tutto così complicato?

mercoledì 19 settembre 2007

Vacanza dicembrina

Non c’è che dire. Uno dei vantaggi della nuova casa è che, avendo “sbagliato” i conti del mutuo, ci siamo ritrovati con quei seicentomila euro in più sul conto; che certo pagheremo con degli interessi inauditi ma che putta caso sono giusto giusto la cifra che serve per potersi permettere una gitarella qui.
Era da un po’ che la sognavamo ed oggi, cercando di sopprimere il mio terrore di volare, cogliamo l’occasione per realizzare questo nostro piccolo desiderio. Dopotutto, carpe diem no?
E dunque voli e albergo sono stati prenotati. Con largo anticipo, viste le richieste e la stagione. Si parte il 1° dicembre con volo diretto Alitalia (e speriamo in bene) da Malpensa a Newark e si rientra il 9, sempre con volo diretto Newark - Malpensa. Alloggeremo al Mansfield Hotel (inquietante, la prima pagina, vero?) che non dovrebbe essere una cosa obbrobriosa, anche se le critiche a volte sono decisamente inclementi. L’albergo è stato scelto in base al prezzo (non di infima categoria ma nemmeno un 4 stelle dai prezzi proibitivi) e alla disponibilità di una camera matrimoniale per il periodo in questione (da internet risulta praticamente tutto già prenotato).
Le guide che abbiamo acquistato (Routard e National Geographic) riportano, bene o male, le “solite” cose da visitare. Indagheremo, da qui a dicembre, per cercare luoghi insoliti da visitare, posti che sono cioè al di fuori dei classici giri turistici della città (se mai ne dovessero esistere). Fermi restando che un giretto a Ellis Island o al Top of the Rock non ce lo faremo di certo mancare! In ogni caso, se avete suggerimenti interessanti, fateci sapere.

giovedì 13 settembre 2007

"Prima di partire per un lungo viaggio..."

Rubo un po’ del tempo che dovrei dedicare al lavoro (capirai che sforzo!), per cominciare a parlarvi di quest’ultimo periodo di cambiamenti.
Partiamo subito dalle cose brutte: il viaggio casa-ufficio/ufficio-casa. Sai com’è, via il dente via il dolore. Almeno per voi che leggete; per me invece, che il viaggio me lo dovrò fare anche dopo aver scritto questo post, il dolore rimane.
Dunque, quello che vedete qui sotto è il tratto di strada che tutte le mattine e tutte le sere, dal lunedì al venerdì, devo percorrere. I puntini rossi indicano i luoghi in cui c’è coda.

Il viaggio in auto consiste nel
1. Percorrere 42km (all’andata, più altrettanti al ritorno) su una statale ad un’unica corsia per senso di marcia, percorsa esclusivamente da tir, se si esclude la mia minuscola Clio nera con cerchioni in plastica traforata. Tant’è che mi sta sorgendo il dubbio che quella che percorro io in realtà non sia una statale bensì una linea ferroviaria e che quei cassoni che supero costantemente per tutti i 42km in realtà non siano tanti tir in fila bensì treni merci in manovra. Indagherò e vi aggiornerò
2. Superare a sinistra quando la riga è doppia e continua, sulla destra quando il semaforo è rosso, sotto quando hai davanti un trattore sufficientemente alto, sopra quando ci si imbatte nei lavori per la sistemazione del manto stradale (i cumuli di terra sono ottime rampe di lancio)
3. Cercare di arrivare sano e salvo sia a casa che in ufficio

Il viaggio dura mediamente 75’, colazione al bar compresa; questo solo ed esclusivamente se la partenza da casa avviene entro le ore 6,45 (e purtroppo non è un errore di battitura e la foto sotto - che non riproduce un tramonto bensì l'alba vicino casa nostra - ne è la prova, se per caso tra di voi ci fossero degli scettici).

Ovviamente se per svariati motivi spengo la sveglia dopo il secondo trillo e quindi contintinuo a ronfarmela abbracciato a Pietro e quindi mi alzo tardi e quindi parto dopo le ore 7,00, allora mi conviene farmela a piedi.
Se è vero che spazio-fratto-tempo-uguale-velocità significa che il viaggio in auto si svolge ad una velocità media di 36,5km/h. Che sarà mai, penserete voi. Bene, allora stasera provate a tenere la macchina ad una velocità costante di 36,5km/h per almeno 10 minuti; poi domani ne riparliamo.

Ovvio che di fronte ad uno scenario del genere ho provato anche i mezzi pubblici. Alla modica cifra di 4€ al giorno, Milano e provincia offre un viaggio con mezzi pubblici che consiste nel
1. Arrivare alla fermata della metro con la macchina, percorrendo quei 10km imprecando verso i pendolari che tirano fuori l’auto solo ed esclusivamente per andare alla (e tornare dalla) fermata della metro, e per questo motivo non sanno guidare, vanno piano e stanno sempre in mezzo alla carreggiata impedendoti il sorpasso
2. Riuscire a parcheggiare e posizionarsi sulla banchina entro e non oltre le ore 7,00 altrimenti puoi pure tornare a casa perché tanto al lavoro non ci arriverai più. Considerando poi che nei giorni dispari di solito c’è uno sciopero e in quelli pari una volta manca la corrente e l’altra qualcuno si butta sotto il treno, capirete perfettamente come le possibilità di arrivare in ufficio entro le ore 16 siano drasticamente ridotte
3. Schivare gli sgambetti e le gomitate al naso di simpatici anziani e di signore in tenuta da mercato che ucciderebbero pur di conquistarsi un posto a sedere
4. Sopportare quel delizioso profumino di salmastro fino al capolinea (29 fermate!)
5. Uscire dalla metro e attendere la 95 per starci sopra per 7 fermate (circa 20’)
6. Percorrere 200mt a piedi e attraversare uno dei viali più trafficati di Milano

Ci ho provato per tre volte consecutive, il miglior tempo di percorrenza realizzato è stato di 98’, ho timbrato in ritardo tutte e tre le volte, ho già quindi mandato a cagare l’idea di utilizzare i mezzi.

Vi (cioè mi) rincuoro: da questa settimana ho cominciato a spedire curricula alle aziende vicino casa.

lunedì 10 settembre 2007

Enjoy the Silence...

E’ vero.
Siamo stitici di post, ma a casa non abbiamo ancora internet mentre in ufficio abbiamo invece i capi che ronzano intorno senza lasciarci del tempo da dedicare a questo carinissimo passatempo.
Senza contare il tempo necessario per riuscire ad insediarsi nella nuova casa nel migliore dei modi; ovvero pulire, sistemare, cercare mobili, spendere soldi, spendere soldi, spendere soldi, spendere soldi e ancora pulire, pulire, pulire. E pulire.
Di cose da raccontare ce ne sarebbero, e non poche. Purtroppo ci troviamo costretti a rimandare la cosa a tempi migliori. Se mai ne verranno, sic!

Per ora non possiamo fare altro che postare questa fotina della sala prima che vi entrassimo a vivere.
Accontentatevi, su!


venerdì 24 agosto 2007

*

Ieri sera mi sono esplosi i pantaloni.
Al solito ristorante dei cinesini.

Forse dovrei...

No, non aggiungo altro.

mercoledì 13 giugno 2007

Ecco...

...chissà se entro 15 anni potrò sposarmi anch'io...

lunedì 28 maggio 2007

Da grande voglio fare il fotografo

Mentre faccio la cacca giocando a Rainbow Island sul cellulare squilla fastidiosamente il fisso.
Sono papi e mami che stanno per imbarcarsi sul volo di rientro dal Perù.
Evidentemente, n.d.r. per i rispettivi consorti, non sono morti neanche questa volta.
Finisco il terzo schema e poi mi preparo; ho deciso che oggi è giorno di hobby. Guardo schifato lo Swiffer, scavalco come un moderno Nureyev il braccio gommoso dell’aspirapolvere, evito i pugnali volanti che escono dagli occhi di Pietro e afferro la nuovissima macchina fotografica, pronto per uscire.
Al matrimonio della procugina di Pietro ho conosciuto sta tizia appassionata di foto che mi ha convinto ad effettuare lunghissime sessioni fotografiche in giro per il microcosmo che conosco. In effetti solo così si può migliorare, non di certo fotografando in tutte le salse il povero bonsai stecchito causa desertificazione del vaso...

lunedì 21 maggio 2007

Era de maggio

I miei genitori risultano ufficialmente desaparecidos da un paio di settimane. Ai primi di maggio comunicarono all'intera famiglia che sarebbero partiti per un tour in Perù. Da allora non se ne sa praticamente nulla. Mia sorella ha ricevuto un paio di telefonate in cui una voce gracchiante e intermittente parlava con la stessa tonalità di un tredicenne che ha respirato un palloncino di elio ad una festa delle medie. Osservando la collezione di pipe di mio papà, esposte orgogliosamente in sala in vetrinette con doppio cristallo antisfondamento, ipotizziamo che stiano in realtà trascorrendo il loro tempo a quota 5.000 masticando coca in compagnia di uno sciamano di etnia urarina.
Niente di grave, prima o poi tornano.
Mia sorella, per non sentire suo marito che la invita a chiamare il 113 peruviano un nanosecondo si e l’altro pure, decide di prenderlo per la collottola e trascinarlo, assieme al pupo, a Sharm el-Sheikh. Che magari al mare, con le pinne, fucile ed occhiali, si distrae. L’intento non riesce e come meccanismo di difesa involontario a lei viene un’eritema tale da costringerla in un bunker per l’intera vacanza e al figlioletto sale la febbre a 40 che lo porta in un mondo parallelo fatto di marzapane.
Pietro, invidioso del fatto che tutti se ne vanno da qualche parte, decide che piuttosto che restare a casa a guardare le mie strepitose fotografie fatte a cazzo di cane un po’ qua e un po’ là, è meglio trovarsi una rogna da riparare in zona triveneto.
Uffa, e quand’è che parti?
Adesso.
Ah...
E torneresti...?
Mah, vediamo.

venerdì 4 maggio 2007

Families Night

Nonostante questo blog sia visitato da 2-3 persone al mese, abbiamo deciso lo stesso di pubblicizzare questa iniziativa.

venerdì 27 aprile 2007

E' primavera - 2

Stamattina la mia collega, parlando al telefono: "Antonio, ho bisogno che mandi qualcuno fuori a prendermi un antistasminigo".

Favolosa.

lunedì 23 aprile 2007

Cazzarola, il 12 maggio!

Ho testè realizzato che compirò gli anni lo stesso giorno che qualcuno ha voluto intitolare al Family Day.

E’ un motivo sufficientemente valido per chiedere un trasferimento del mio compleanno?

Nel frattempo il Patato è nelle casa nuova assieme al geometra per le misure della cucina. E continuiamo a sognare...

giovedì 19 aprile 2007

E' primavera

A. Cacchio, ma che nervoso. L’avevo abbandonato secoli fa convinto che avesse definitivamente chiuso la sua carriera bloggistica per scoprire, casualmente, che ha addirittura pubblicato un libro.
Praticamente sono già in libreria, non so come dire.
In ogni caso, grazie a lui riscopro una mia “vecchia” lettura e ne scopro una nuova.

B. Sono tre settimane che il giovedì sera e il sabato mattina Pietro, l’amico Manuel ed il sottoscritto ci si ritrova a casa dell’amico stesso per poi andare a correre al Parco Nord.
[Per chi conosce il posto pregasi eviare battutacce, grazie!]
Ora, causa polluzione improvvisa dei pioppi e di chissà quale altro vegetale infestante per via dell’anomala ondata di caldo – ah signora mia, non ci sono più le mezze stagioni… –, ho una crisi d’asma un’ora si e l’altra pure che mi costringe a girare con sacchetto di carta color azzurrino firmato Marionnaud Parfumeries contenente, secondo il sistema di stoccaggio LIFO:

  1. Pacco da 12 di fazzoletti Scottex che manco i maniaci in autogrill sulla tangenziale ovest
  2. Sciroppo Lisomucil mucolitico senza zucchero alla carbocisteina
  3. Pacco di pastiglie Coryfin C sintomatico nel trattamento della tosse e della raucedine
  4. Spruzzino di Ventolin, la manna tra le sospensioni pressurizzate per inalazione
  5. Scatola da 14 compresse di Reactine a rilascio prolungato-stimolante-per-lei-ritardante-per-lui

Tutto questo comporta che a breve o mi spunta una croce verde lampeggiante sul culo, o alla prossima sigaretta esplodo! Che poi... si fa presto a dire "sigarette", visto che son due giorni che non riesco a fumarne mezza per via dei polmoni contratti come il muscolo del polpaccio a metà vasca dopo sei anni di inattività (si recepisce il mio vago senso di nervosismo?).
E stasera ovviamente mi toccherà starmene seduto a guardare tutti quelli che pas... a leggere, in attesa che i miei prodi abbiano terminato il consueto giro.

C. La casa è stata piastrellata. E questo è stato davvero un bel colpaccio. Lunedì viene il tipo a prendere le misure per la cucina e il 3 maggio viene un altro tipo a montare il caminetto!
Questi piccoli passi verso il trasloco ci stanno indubbiamente costando pezzi di fegato, ma alla fin fine pagheranno, ne sono certo. E questa speranza aiuta a sopportare questa maledetta attesa del momento in cui tutto sarà terminato.

lunedì 12 marzo 2007

Noi c'eravamo...

Bla… bla… bla… bla…
E ancora
Bla… bla… bla… bla…
Tante belle parole, un colpo da prima donna di quella scema di Cecchi Paone, un tripudio quando parla – mi è sfuggito il nome – il prete che già benedice le coppie omosessuali.
E va benissimo così. Era solo importante esserci. A prescindere.
Noi eravamo sotto la telecamera della Rai posizionata sul camioncino, in fondo alla piazza.
Lì almeno potevamo fumare senza rompere troppo i coglioni.
E conoscere e scambiare quattro battute con loro senza dover urlare troppo.

P.S.: a te, intervistatrice col cappellino rosso a tesa larga, chiedo cortesemente se la prossima volta puoi evitare di farmi domande a bruciapelo, di evitare di prendermi in contropiede, di farmi un’unica domanda mettendomi il microfono sotto il naso e la telecamerina in faccia. Proprio a me che sono un emotivo e che per certe cose mi devo preparare giorni prima! Grazie.
E comunque la risposta che ti ho dato non sarà stato un concentrato di saggezza ma per me vale molto!

giovedì 1 marzo 2007

Cavoli...

Ma allora certe cose funzionano per davvero!

Grazie alla segnalazione di Larvotto.

lunedì 26 febbraio 2007

Trip


Lo so che voi non mi capirete ma... ho appena ritrovato la casa dove ho vissuto per due anni in Venezuela, ben 25 anni fa... Noi eravamo al quindicesimo piano... Certo la zona è un po’ cambiata ma... il palazzo c’è, i campetti intorno ci sono, la grande tangenziale pure... e a me mi si stringe il cuore... sniff!







venerdì 23 febbraio 2007

Ancora?!

Pensavo che con il passare del tempo certe teorie la smettessero di circolare per il globo terracqueo. Non c'è davvero mai fine al peggio?

Libri/ I gay sono affetti da una malattia. Gruppi di cristiani oltranzisti ne sono convinti. Le teorie dello pseudo-scienziato Joseph Nicolosi...
Venerdí 23.02.2007 12:21

Siamo un paese liberale e di larghe vedute, abbiamo persino – o avevamo - i Dico. Resta da chiedersi quanto abbiano dovuto lottare i ministri Bindi e Pollastrini per abbozzare un simile disegno di legge se nel sottobosco dell’informazione cattolica si annidano convinzioni oltranziste e ultraconservatrici sugli omosessuali, ritenuti ancora “malati” da un’ampia fetta di cristiani. La letteratura di base è fornita dai testi di Joseph Nicolosi, cofondatore dell’Associazione nazionale per la Ricerca e la terapia sull’omosessualità in California. “Oltre l’omosessualità. Ascolto terapeutico e trasformazione” è il titolo della sua ultima opera tradotta in Italia (San Paolo, 310 pp., 16 euro).
Un diario che raccoglie gli incontri con i pazienti che si sottopongono a terapie riparative individuali e di gruppo per guarire dalle proprie preferenze sessuali, un’impresa che avrebbe fatto ridere anche Freud. Il presupposto per la cura: “è l’identità di genere che determina l’orientamento sessuale”. Come affermano tutte le principali associazioni di salute mentale americane le tecniche utilizzate si basano sul pregiudizio e il senso di colpa, fino a convincere il paziente che la vita da eterosessuale è meno frustrante e più “naturale”. La campagna per la guarigione dall’omosessualità, iniziata nei primissimi anni ’50, non è mai uscita allo scoperto soprattutto per ragioni mediche e scientifiche che le considerano “potenzialmente dannose per la salute mentale”.
Nella prefazione del libro di Nicolosi, Claudio Risè parla di un germe omoerotico che serpeggia in Occidente e sottovaluta la sofferenza del disagio psicologico ed esistenziale dei gay. E anche se i diretti interessati negano, in fondo in fondo si sentono così. In Italia queste teorie sono accolte favorevolmente da diversi gruppi di oltranzisti cristiani, primi fra tutti i crociati vecchio stile di Alleanza Cattolica. L’elemento più disturbante di queste pubblicazioni risiede nei toni pietosi e compassionevoli con cui descrivono gli omosessuali, vittime di una malattia da cui devono liberarsi.
Toni da campeggio estivo per adolescenti anni 50. Deduciamo che i difensori della normalità affettiva preferiscano l’altro sesso, ma non sarebbe inopportuna una seria terapia per rimediare alla loro pruriginosa e preoccupante intolleranza.
Eleonora Bianchini

lunedì 12 febbraio 2007

Ma DiCo… scherziamo?

Una prima lettura degli articoli previsti dal ddl sulle coppie di fatto mi aveva convinto che tutto sommato poteva anche andare bene così. Sapete com’è, piötost che negot, l’è mèi piötost*! . Mi ero anche lasciato incantare da un discorso fatto dalla Bindi ad un Primo Piano di qualche giorno fa in cui diceva che finalmente è stata creata la locomotiva a cui, successivamente e pian pianino, potrebbero venir aggiunti tutti i vagoni necessari.
Poi ho letto e riletto le varie pagine dei quotidiani e dei vari blog che frequento, ho analizzato i vari punti di vista e adesso… adesso mi ritrovo che non so più cosa pensare… Mi sento affranto. E deluso.
Che sensazione orrenda, quella di ritrovarmi a gioire per un minuscolo quanto inutile “passettino in avanti”. Un primo blando tentativo di non so più bene cosa accompagnato innanzitutto dalla consapevolezza che questo straccio di ddl non passerà in Parlamento, e poi dalla certezza di essere pure stato preso per il culo.
L’ennesima situazione che mi aiuta a capire che l’Italia dei politici non è né laica né europea.
Ma io, adesso, cosa dovrei fare? Voglio dire, ipotizzando pure che questo aborto di ddl vada in porto, che questa pseudo legge pro coppie di fatto venga approvata, io, che cosa dovrei fare?
Dovrei forse fare finta di niente, sfoggiare il mio miglior sorriso e presentarmi all’anagrafe col mio compagno chiedendo all’impiegato di turno di mandargli un telegramma a casa nostra? O dovrei invece – forse più saggiamente e più coraggiosamente – smettere di lasciare che qualcuno si arrocchi il diritto di decidere al posto mio o, peggio, di decidere che la mia famiglia non è come quella formatasi grazie al “sacro vincolo del matrimonio”, salvo poi stabilire che io non mi posso sposare? Mi dovrò rallegrare per questo primo importantissimo passo verso la civiltà o dovrò tirare fuori i coglioni e boicottare questa assurda farsa?
Sarò anche un perenne ingenuo ma giuro che speravo in una botta di coraggio in più da parte dei politici che ho votato. Speravo che questo governo trovasse finalmente la forza e la solidità per scrollarsi di dosso il peso soffocante di certe assurde, inverosimili e surreali minacce. E speravo anche che la destra la smettesse di giocare sui diritti degli altri e si facesse per un attimo seria (in un’intervista rilasciata a non ricordo più quale tg ho sentito la Prestigiacomo dire che siccome la sinistra ha fatto tutto da sola senza chiedere il loro parere, allora avrebbero votato contro! Ma che, stiamo scherzando?! Ma sono frasi da politico serio, queste? Tutta questa faccenda, è una roba seria?).
Capisco il punto di vista di Anelli di Fumo, quando parla di diritti per le coppie etero. Ma noi? No, no, no, l'incazzatura di fronte a questa cosa è talmente grande che io per ora ho solo deciso che non voterò mai più in vita mia, tanto non serve a niente…
* piuttosto che niente è meglio piuttosto.

martedì 6 febbraio 2007

Odio gli addii ma uno è davvero doveroso farlo


E’ andata. Che non è solo un sospiro di sollievo. E’ andata la mia casetta. Per sempre.
Ieri mattina dopo il rogito ho accompagnato i nuovi proprietari nel loro nuovo appartamentino, per illustrargli un po’ di cose. Ho faticato ad aspettarli sotto casa, frenando il mio impulso a salire. Ho faticato a non parlare di quella casa come di “casa loro”. E c’era il sole. Ed è stato come entrarci per la prima volta e rivivere le stesse emozioni di sei anni fa, l’innamorarsi di una casetta piccolina ma calda, luminosa, accogliente seppur vuota e sporca. Solo che questa volta c’era anche il vuoto di un addio per sempre e tutti i ricordi legati a quei 35 mq.
Perché quella è stata la mia prima vera casa, perché quando l’acquistai nel 2000 vivevo lontano dai miei già da quattro anni e perché era da già da parecchi mesi che girovagavo per case di amici dopo essermi lasciato col fidanzato di allora.
Perché in quella casa ho convissuto con Pietro per quasi un anno, gioendo dei momenti belli ma anche soffrendo per quelli brutti, quelli in cui non ci siamo capiti o non c’eravamo l’uno per l’altro; perché in quelle due stanzette abbiamo condiviso uno spazio e l’abbiamo sistemato per noi due comprando cose che sabato e domenica abbiamo impacchettato e portato via oppure buttato per sempre.
Perché in quella casa ci sono stati gli amici, per un semplice caffè il sabato mattina o per una cena, tutti pigiati nell’angusta metratura della sala-con-angolo-cottura ma col sorriso di una bella serata in compagnia.
Perché in quella casa ho parlato ed ho ascoltato gli amici più intimi, seduti sul divanetto ascoltando la ruvida ma avvolgente voce di Jimmy Scott e sorseggiando bicchierini di grappa.
Ed anche, perché no, perché in quella casa ci sono passate alcune persone disposte a soddisfare la mia necessità di dimenticare, durante i periodi bui con Pietro.
Ecco, adesso piango...
Sniff…