sabato 29 luglio 2006

Non c'è più?!

Come non c'è più! Ma non era Flik, quello che avevamo in casa...!? Oh santo cielo, ma cosa mi dici mai... Eh si... non ci sono più i pesci di una volta. Tutti uguali i pesci di oggi.

Ma non buttarti giù, amore. Non essere triste. Che da domani sera saremo a Barcellona e, se farai il bravo, lì ti comprerò un bel pesciolone spagnolo. Anzi catalano! Eh? Lo vuoi un pesciolino nuovo di pacca, amore? Eh?

Non c'è più

Lo so, sembra un pò assurdo e forse anche un pò ridicolo, però non posso fare a meno di pensare che lei non c'è più... E' arrivata un Sabato di Giugno del 2003 e per un pò ha soggiornato nella casa di Hansel, ovvero in quella che all'epoca era la nostra casa...
Poi c'è stata la separazione e Flack è venuta a stare da me per svariati motivi. Quell'anno c'era anche il suo compagno Flik con lei, ma, stronza come è sempre stata, lo ha lasciato digiuno fino alla morte.
Beh, un pesciolino non parla, non ti può mostrare nessuna attenzione, non può fare nulla di particolare per renderti felice... Però è lì, a scandire i ritmi della casa: con la sua presenza, con i suoi bisogni, con i suoi atteggiamenti...
Faceva parte della mia quotidianità, era lì quando piangevo, perchè Hansel non c'era più, era lì quando ero felice ( anche quando Hansel è tornato :-) ) e oggi mi ritrovo a lavare la sua vaschetta, mettere tutto in un sacchetto e a guardare quell'angolo illuminato che la sera era il palcoscenico delle sue evoluzioni, protese quasi a farmi notare la sua presenza ( e ricambiato dalla pastiglietta della pappa) . Adesso quell'angolo è vuoto e , diciamolo, un pò triste.
Questo piccolo spazio sentivo di doverglielo...

venerdì 21 luglio 2006

Si fa presto a dire coppia!


“Quando c’è l’amore c’è tutto” dicono; beh, allora l’anno prossimo non compro regali e scrivo la letterina a Babbo Natale e la capsula in ceramica pagata 1,500,000 lire che quest’anno ho rifatto la metto sotto il cuscino...magari il topolino me la permuta...
Non è il motivo di questa piccola lite che mi ha turbato o il silenzio tra di noi, che ti ho già detto trovo più utile dell’ira inconsulta e delle frasi accusatorie, quanto la delusione nel vedere quanto effetto potesse avere su di te...
Io continuo a sognare, ogni giorno aggiungo un tassellino a quest’impalcatura: ambizioni, desideri; e li costruisco perché tu ci sei e perché conto di realizzarli insieme a te. Ma quando vedo che una cosa ( per me, lo ammetto) così piccola, mette in dubbio tutta la nostra storia (non sei andato dall’agente immobiliare perché già stavi immaginando di tornartene a casa tua!) io mi spavento e mi arrabbio. Per me è finito il tempo del se, io ormai pensavo fossimo proiettati insieme nel futuro!
Non ce la faccio a portarmi ancora il peso dell’incertezza sulle spalle; abbiamo superato crisi importanti, che ci hanno fatto crescere e ci hanno fatto “aggiustare il tiro” permettendoci di rimodellare più volte la nostra storia, e permettendoci di arrivare ad oggi, in una casa e una vita in cui ci sono pezzetti di me e di te e di tutte le cose create insieme...
Ho paura, ho paura di perderti, ho paura che tu ti possa perdere di nuovo e quindi mi affanno a offrirti delle strade che ti possano tenere al mio fianco...
Ma tu ti ostini a ragionare da solo! Ma non potevo trovarmene anche io uno bello e stupido!?
Accetto le tue scuse amore, perché nel momento in cui ti prendi la responsabilità di qualcosa, di cui comunque non hai colpa, alleggerisci la nostra coppia e insieme lasciamo andare le difficoltà e ci godiamo il meraviglioso rito della riappacificazione...

giovedì 20 luglio 2006

Ok, lo ammetto...

...No, non è che non mi fido di te. E’ che sono esaurito. Sono stanco, la testa è pesante e i pensieri sconclusionati. E’ che per me, questo, è uno dei periodi peggiori dell’anno. E’ l’inizio dell’anno fiscale, al lavoro, e sono sotto pressione per le centinaia di cose che si devono fare, subisco la disorganizzazione dei miei capi e vivo la frustrazione per il non riuscire ad emergere come vorrei. Lo sai anche tu, ambisco a posizioni che mi sono precluse in partenza; ho voglia di dimostrare di saper fare in un posto in cui – è evidente – non c’è spazio per queste cose. E il parlartene, benché sia uno sfogo notevole, purtroppo non basta a rimarginare quella sensazione da perdente che mi porto appresso. Corro, corro ma non porto a casa un cazzo.
E poi c’è la casa, la mia casetta, il mio loculo. Non ne parliamo mai, un po’ perché provo a non pensarci io, un po’ perché forse ne sei spaventato tanto quanto me e quindi glissi sull’argomento. Di fatto, la questione, pur non essendo verbalizzata, è come un tarlo che lavora subdolamente, nascosto laggiù. Dopotutto, al di là del discorso dei soldi, io sto per lasciare definitivamente la mia tana, sto per “privarmi” della mia ancora di salvezza, sto per – e non so se questa frase rende l’idea – affidarmi totalmente a te, senza possibilità di… ritorno (oddio, so che non è vero, so che ‘sta cosa non vuol dire propriamente un cazzo, però… vai te a sapere, come funziona la testa, alle volte!). Lasciare casa mia, affittarla o venderla che sia, decidere cioè che arrivato il momento di farlo (soprattutto perché non ha senso lasciarla vuota e continuare a pagare una cifra di iuros per nulla) è certamente cosa buona e giusta, non lo metto minimamente in discussione per l’amor del cielo; solo che… psicologicamente mi confonde, mi stordisce, mi fa vacillare quel tanto che basta per non riuscire più a stare coi piedi ben piantati a terra.
Io lo so che i nostri “problemi di coppia”, quando sono sereno e fresco e riposato, magari anche un poco rinfrancato e rinvigorito da certi nostri discorsi, non sono niente, non sono altro che stupidate, banalità, sciocchezze. E’ solo che in particolari condizioni, in certi momenti specifici, tipo questo in cui più cose si sormontano nella mia cabeza, tutto mi sembra immenso e colossale e la sensazione che da un momento all’altro tutta l’impalcatura mi crollerà addosso, facendomi soffrire come un cane, è più viva che mai.
Ecco perché poi ti salto addosso come un’orca assassina… Ecco perché ti costringo a silenzi perpetrati nel tempo e a dormite solitarie…
Ti chiedo scusa. Sinceramente.
Però anche tu, cazzarola! Insisti un po’ di più nel voler fare la pace, no?

lunedì 17 luglio 2006

Perchè, le riunioni?

Riunione Generale Vendite.
Tre giorni di full immersion in un luogo incantevole, in mezzo al verde, quello vero, sperduti in mezzo ai colli tra San Benedetto del Tronto ed Ascoli Piceno. Un casale ed il silenzio. Tranne quando tutti e sessanta i partecipanti si ritrovavano per lavorare.
Stanza di lusso, doccia immensa, buona cucina, i grilli e l’aria fresca.
Peccato solo per noi due. Ci tenevo tu fossi là, con me, dopo la riunione. Ma il viaggio è troppo lungo, mi dicesti.
Peccato, che sia sempre così quando vado via.
Non senti il telefono, non c’è campo, non posso parlare, non c’ho tempo. Mi snervo.
E poi le altre cose che non mi tornano, che mi lasciano stranito, che mi confondono e mi fanno tremare di paura dentro.
La sensazione di essere sulle montagne russe. Prima si sale, lentamente, e si avverte l’adrenalina che pompa dentro, l’ebbrezza del gioco, il viversi la gioia di ritrovarsi così in alto, pregustando l’imminente divertimento ma poi, all’improvviso, quando si intravede la discesa e ci si rende conto che è troppo tardi, e sai che ti si sta per svuotare lo stomaco, vorresti gridare di farti scendere, chè non si ha più voglia di giocare.
Così è anche in questi frangenti, quando il lavoro mi porta lontano; momenti in cui non capisco cosa sia successo ed improvvisamente mi sento svuotato, impotente, passivo spettatore di eventi e dinamiche assolutamente fuori dal controllo della mia volontà. La discesa dopo momenti inebrianti.
Come se la radio non riuscisse più a rimanere sintonizzata sul canale preferito.
Mi sento fregato.
Sigh! Posted by Picasa

lunedì 10 luglio 2006

Tutti per uno ed uno per tutti...

Non riesco a trovare la posizione su questo maledetto divano, ho sete e poi fa troppo caldo, il ventilatore è puntato in alto quando io ho bisogno dell’aria che punta diretta sul viso, le mani sono tutte sudate e mi da fastidio il contatto con i tuoi pantaloni, mi manca l’aria, mi sento in gabbia e poi mi chiedo perché le auto e i motorini scarcassini e smarmittati passino sempre quando hai bisogno di calma....... concentrazione...... attenzione....
GOAL!!!
E tutti in piedi ad esultare, ci abbracciamo, urliamo come dei matti, affacciati alle finestre cerchiamo la partecipazione dei passanti e poi uno scoppio, un buon bicchiere di spumante ghiacciato per alleviare l’arsura e il dolore per le urla che quasi ci hanno strappato le corde vocali...
Sono felice e ho bisogno di esultare non so se propriamente perché questa squadra si è meritata la vittoria, ma perché nonostante tutto sono un po’ nazionalista e mi piace riscattarmi nei confronti di chi non si è mai accorto di peccare di presunzione. Volevo proprio dargliela questa castagna sul muso... Dio come mi sento maschio!
Dai amore, scendiamo per strada! Saluta F. ( che idea splendida quella di venire qui a piedi!!!) ringraziamo tutti per l’allegra compagnia e buttiamoci in questo fiume di corpi che si lasciano trasportare senza avere troppa idea di dove andranno ad approdare.
Che bello amore, guarda la gente per strada, mi piace che questa cittadina generalmente così tranquilla, e che solo pochi minuti fa era totalmente deserta, sia illuminata dai fari delle auto, dai fuochi d’artificio e dai volti della gente che è allegra, ha voglia di abbracciarsi, condivide una gioia comune.
Nessuno passa inosservato, per una notte in una vita di indifferenza, ognuno ha la sua parte in una scena dove tutti sono protagonisti; dalla signora in carne over-sixty che sventola la sua bandiera dall’auto in panne nel traffico a quell’Adone vent’enne a torso nudo che fa le acrobazie sul cofano di quell’auto..... Adesso però voltati amore, non guardare troppo, non è roba per te quella...
Ed è incredibile ma neanche noi passiamo inosservati. Neanche muniti di una bandiera, eppure non ci permettono di passare senza un saluto, un urlo di eccitazione, o una canzoncina alla ricerca di partecipazione... Per una sera il calcio mi sembra davvero un bello sport.
Peccato che io sia a pezzi.
Portami a casa amore, tra la cena di ieri e la partita di oggi ho bisogno di accoccolarmi un pò sulle tue gambe... “Ecco si!” passami la mano sulla schiena, cavolo... non riesco a tenere gli occhi aperti tutto scorre davanti a gran velocità, immagini rapide dei miei genitori dei tuoi degli amici della strada... Chissà se domani qualcuno di quegli invasati della strada si ricorderà di noi e ci saluterà... Magari quel biondino sulla decapottabile.... Ahi! Scusa amore, stavo scherzando...

domenica 9 luglio 2006

Indovina chi viene a cena?

In mutande e maglietta, seduto sulla seggiola in balcone, mi gusto quest’ultima sigaretta della giornata con lo sguardo perso sulle zanzariere che oscillano grazie all’aria fresca post temporale. E’ l’una e se ne sono appena andati tutti. Tu sei seduto di fianco a me e, come me, sei completamente assorto nei pensieri suscitati da questa serata, impegnato a fare un bilancio delle cose, godendoti le emozioni appena vissute.
L’idea, come tutte le cose che poi funzionano veramente, ci era venuta qualche giorno fa, per caso; visto che è il compleanno di tuo papà ed il compleanno di mia mamma, che ne dici se...
Si.
L’appuntamento è per le otto. L’agitazione, l’ansia, l’emozione, il nervosismo però si manifestano già qualche sera prima. Penso sia normale. Dopotutto, in quasi cinque anni di storia, cinque anni pieni di cose fatte e di cose dette, loro, i nostri genitori, non si sono ancora mai incontrati. Si conoscono solo per sentito dire, solo per aneddoti raccontati durante un pranzo, ma non c’è ancora mai stata l’occasione per farli incontrare. E questa volta invece, l’occasione c’è.
Faccio profondi tiri, alla mia sigaretta. La cenere si illumina, nel buio di questa notte rischiarata da una luna un filo nascosta dalle nuvole di un temporale che si allontana. Passo mentalmente in rassegna i volti che ho visto questa sera, riassaporo le parole di mia mamma e di tuo papà, la tranquillità di tua mamma, l’agio di mio papà. Quante sorprese, stasera.
I miei arrivano che ha appena smesso di piovere. Mamma, papà, sorella, cognato, nipotino. L’allegra brigata sale e prende possesso di casa nostra. Sono già felice solo per questo. So bene quanto sia stato difficile per mia mamma ma vederla qui, che passeggia tranquillamente tra la sala e la camera facendoci un sacco di complimenti... beh... è un segno importante, per me...
Poi arrivano i tuoi. E’ il momento clou, è il momento che aspettavamo. Che paura... Buona sera, ben arrivati... è in questo preciso istante che avverto la magia... So com’è tua mamma e so com’è tuo papà. Ma soprattutto, so com’è la mia, di mamma, ed il mio, di papà. Di tutto mi sarei aspettato fuorché...
Amore, ti sei accorto anche tu di come sia stato tutto estremamente fluido? Hai fatto caso anche tu al poco imbarazzo che aleggiava in casa? Hai notato come si sono messi tutti a chiacchierare come se si conoscessero da tempo e da tempo non si vedessero?
Butto fuori il fumo con una insolita tranquillità e pacatezza d’animo, cercando il luccichio dei tuoi occhi. Che bella cosa abbiamo fatto, stasera, amore? E’ vero... quanto siamo fortunati noi due?
Pochi minuti più tardi suona di nuovo il citofono; è arrivata anche tua sorella, tuo cognato e i due nipotini. Il quadretto adesso è veramente completo. Ora ci siamo proprio tutti. Dai piccoli che fanno subito amicizia tra loro e passeggiano mano nella mano agli adulti che si mischiano e chiacchierano, chiacchierano, chiacchierano... Stasera vedo e vivo una serata in cui fiumi di parole si scambiano senza soluzione di continuità.
Amore, non pensi che l’idea di andare al ristorante a piedi sia stata geniale? Si sono incontrati, amore. Si sono piaciuti, tutti. Sono stati bene, siamo stati bene.
Spengo la sigaretta e per un attimo mi godo anche la pelle d’oca dovuta alle folate di aria che ogni tanto arrivano da chissà dove. Amore, ho il cuore gonfio, stanotte. Io vado a nanna, commosso. Felice.