venerdì 23 novembre 2007

Un punto di vista

Frequento E. da circa 10 anni. E. ha 68 anni.
Capita spesso che E. mi chieda di uscire con lui per “chiacchierarcela”. C’è intesa e parlare per ore ed ore diventa un bell’esercizio notturno.
Capita a volte però che E. all’ultimo minuto inviti altra gente ad unirsi alla serata “a due”, trasformandola in una normalissima, e comunque quasi sempre piacevole, cena di gruppo.
Ieri sera i fortunati estratti per la cena a due sono D., avvocatessa ultracinquantenne triste e sola nel suo universo di solo lavoro; predilige amicizie gaie perché “siamo più sensibili”, dice, ma è palese che si rifugia tra di noi per dare quella botta di trasgressività ad una esistenza altresì monotona e piatta, e I., 46enne rude, ma non ostile anzi, alla mano, con la battuta sempre pronta ed un cuore generoso, lo si percepisce subito, capace anche di zittirsi per ascoltare ed imparare.
I. passa gran parte della serata a raccontarci dei mille lavori che ha fatto, dal gestore di un ristorante al protettore di prostitute. Ascoltarlo parlare è dare adesso la botta di trasgressività alla mia, di vita, che improvvisamente mi appare piatta e monotona come quella di D.
I. è attualmente l’amante di E.
Perché a I. piace unicamente ed esclusivamente un particolare tipo di persona, uno dalle caratteristiche ben precise, bene definite: non deve avere meno di sessant’anni, deve avere la pelle flaccida e rugosa, le palpebre devono essere cascanti e gli occhi opachi, i capelli radi e possibilmente bianchi.
I. ha un pregio davvero raro: sa raccontare senza fronzoli, senza giochi di sponda. Sa essere diretto, senza appiccicare fastidiose quanto inutili sovrastrutture ai suoi dialoghi. E tutto questo, nonostante il piacere di ascoltare una persona così, spiazza, perchè non più abituati.
I. ad un certo punto dice che gli piacerebbe poter provare attrazione per uno “sbarbato” come me. Per poter vivere un aspetto dell’amore che, visti i suoi gusti, non ha mai potuto sperimentare: la progettualità di una coppia. A lui piace viaggiare, movendosi come capita. Gli piacciono le atmosfere torride dell’Africa e certi angoli sperduti della Cina. Ci va a piedi o sul dorso di un mulo, dormendo dove può. “Capite bene che non è roba per anziani, questa…”. Lui vorrebbe poter provare a condividere un tetto, un letto, un carrello della spesa. “Capite bene che non è roba per un anziano che da sempre ha vissuto in un certo modo…”.
Lui stesso però racconta degli stratagemmi che ha adottato nell’arco della sua esistenza per poter sfuggire tranquillamente a qualsiasi situazione che prevedesse come epilogo una coppia. “Mi manca il fiato… ho da sempre rifiutato il concetto del noi. Per me è sempre stato io e te, io e voi, io e loro. Mai –mai!– noi…”
A me viene spontaneo chiedere. “Scusa se te lo chiedo, ma questo tuo gusto particolare in fatto di uomini, è perché ti piacciono veramente-veramente gli uomini decrepiti, o è forse una fantastica scusa proprio per non mettersi mai in gioco e quindi non approdare alla fantomatica progettualità di coppia? E’ davvero un tuo gusto o è forse paura, e quindi fuga, e quindi scusa?”.
I. sorride: “ottima domanda…” Buffo, perchè a me la domanda sembrava idiota. E forse lo era anche ma, forse, I. aveva voglia di raccontarcelo comunque e ha solo preso la palla al balzo.
“ottima domanda, Fabio. Che dire… forse sono un po’ tutte e due le cose… Non saprei. Alle volte l'una e altre volte l'altra, chi lo sa. Però forse, più di tutto, è l’imprinting. Ogni essere umano riceve da piccolo un preciso imprinting, sul quale poi baserà l’intera propria esistenza. Ecco, si, nel mio caso direi che è proprio perché ho ricevuto quel tipo specifico di imprinting. Le cose che cerco in un uomo, le labbra inesistenti, le palpebre che coprono l’occhio, le mani rugose e macchiate, le chiappe flaccide, le palle molli e cascanti, sono tutte cose che cerco perché è così che è stato all’inizio, perché è in questo modo che io ho provato piacere le prime volte…”
A questo punto io non so più bene cosa pensare, non so se quello che ci sta dicendo è realmente quello che mi sembra di intuire, è veramente quello che credo di capire. “…scusa se ti interrompo, ma… stai forse dicendo che…” “Si. Sto dicendo proprio quello che hai capito. Quand’ero piccolo, quand’ero un ragazzetto, 12 o 13 anni credo, i miei per svariati motivi spesso dovevano andare via e ovviamente, non potendo portarmi con loro e non potendomi lasciare a casa da solo, mi portavano a casa del nonno, il papà di mia mamma. Prima ogni tanto, poi sempre più spesso, poi anche durante tutti i mesi delle vacanze. E il nonno era un pedofilo. Ed io mi ricordo perfettamente, come fosse stamattina, quelle sue mani chiazzate che menavano i nostri uccelli, quelle sue labbra sottili come fessure che mi baciavano con passione. E quella sensazione inebriante al passare le mie mani sulla sua testa calva, carezzando quei capelli bianchi e radi…”
“…perdona ancora l’interruzione I., ma sfugge qualcosa. Nel senso che mi pare tu ne stia parlando come di una cosa fantastica, come di un qualcosa che non ha eguali… come dire, non sento astio, non sento ira, nelle tue parole…”
“…ma certo che non provo ira, ci mancherebbe altro! E’ stata l’esperienza più appagante, più educativa, più godereccia dell’intera mia esistenza. Sarei deficiente se non fossi grato per le cose meravigliose che ho vissuto con lui, grazie a lui, per quelle sensazioni così intense che ha saputo regalarmi negli anni in cui l’ho potuto frequentare. Vedete, io non credo minimamente in tutti quei cazzo di mostri cui la televisione e i media in generale vogliono farci credere. Quella è la ricerca forsennata del capro espiatorio, quella è la caccia a streghe che in realtà non esistono se non nella testa malata e contorta di gente che non ha un cazzo da fare dalla mattina alla sera, che vede il demonio e il male in qualsiasi cosa la circondi. Al giorno d’oggi è impensabile che una persona matura possa prelevare dei bambini dall’asilo e portarseli dove gli pare senza che nessuno, no, dico, nessuno!, se ne accorga! Per dio, certo, poi le menti bacate esisteranno pure, certamente è possibile ipotizzare che ci sia gente che cerca i marmocchi per il puro gusto di fare del male, di torturare, ma come esistono i minchioni che spaccano la testa alle mogli, o madri che prese da chissà quale raptus uccidono i figli, o chissà quale altra bestialità ancora, ma questi non sono i pedofili. I pedofili è altra cosa, è altra pasta, è amore…”
Io sono grato ad I. per la schiettezza, la franchezza e la generosità d’animo. Ma io oggi non sono in grado di farmi un’idea sulle cose che ci ha raccontato ieri sera. Io non ho gli strumenti per farlo, nè sono sufficientemente informato. E onestamente non credo neppure di volermi informare. Perchè le cose che I. ha tirato fuori durante la cena, i racconti che ha condiviso con noi… tanto di cappello, ma è tanto, troppo, per il sottoscritto. E da un punto di vista più ampio, ovvero nel confronto tra le emozioni di cui ci ha voluto partecipi e quei pochi fatti di cui sono a conoscenza, beh, le cose stridono, e parecchio, per i miei gusti; tuttora le immagini si susseguono senza che io riesca a dar loro un senso preciso. Mi sento spaesato di fronte alla sua storia e, forse per codardia, forse per pigrizia, preferisco cercare di ricacciare il tutto. Di seppellirlo nella parte più remota della mia testa.

4 commenti:

Unknown ha detto...

bè, una persona interessante. ma penso onestamente che I. abbia vissuto un gravissimo trauma. uno di quelli che, davvero, come dice lui, crea l'imprinting. e quel trauma gli ha modificato l'esistenza. dovrebbe ricordare, I., che il problema del pedofilo non risiede mica nella sua motivazione. che sia amore o rabbia, questo riguarda solo lui. il problema sta nella violenza con cui esercita una coercizione sul bambino. naturalmente, quel bambino, ha elaborato la violenza del nonno come "amore". il nonno non mi può volere male. e la sua vita è rimasta perennemente legata ad un nonno.
questa storia è davvero terribile. grazie per averla condivisa!

Anonimo ha detto...

Innanzitutto, sono felice di rivedere questo blog vivo e vegeto!

Sull'argomento specifico: beh, senz'altro è forte e senz'altro è anche vero, come dici bene tu, che non abbiamo gli strumenti culturali per ragionare su certe cose. Però non credo che mi possa bastare questa storia per ritenere che tutti quelli che chiamiamo pedofili siano "brave persone". Allo stesso tempo, però, mi rendo conto che siamo abituati a pensare alla sessualità come a una cosa che sorge dopo l'adolescenza, da un certo punto in poi, dimenticando che siamo essere sessuali e sessuati da sempre: storie come questa possono essere verosimili. La pedofilia non è, infondo, un problema di sessualità, ma di violazione della volontà (o dell'assenza di volontà) di qualcuno. Preferisco pensare che un bimbo questa volontà con ce l'abbia e che atti come questo facciano più male che bene.
Spa.

Fabio ha detto...

Spa e Oscar: In effetti credo che abbiate espresso entrambi quello che io fatico a razionalizzare. Non escludo peraltro che io sia stato abbagliato dal modo in cui I. ci ha descritto l'intera faccenda, a tal punto da non essere più riuscito a pensare alla cosa come ad una "violenza subita da un bambino". Eppure... c'è qualcosa che non mi sfagiola... E' tutto veramente riconducibile ad un discorso di volontà (il bambino ce l'ha, il bambino non ce l'ha...)? Ed è così vero che c'è stata violenza da parte del nonno e questa sia stata sublimata in un qualcosa che I. stesso definisce amore? O era amore per davvero? Io forse sono così impallato semplicemente perchè per carattere ho sempre bisogno di incasellare le cose, di definirle, di dar loro un nome, creandomi un ambiente fatto di pseudo certezze che trovo rassicuranti. E temo invece che in questo caso non mi sia data la possibilità di schematizzare proprio un bel niente...

Unknown ha detto...

io penso che tu abbia mantenuto lo sguardo aperto al racconto. l'amore può essere anche violento e distruttivo. pensa a tutte quelle persone che sono capaci di amare solo facendo del male agli altri. la madre che uccide il proprio bambino ad esempio, come dice I., lo fa per il troppo amore e il senso di inadeguatezza che prova.
il nonno provava amore probabilmente. ma lo esprimeva violentemente, perchè non era il momento e la situazione per quel bambino di sperimentare il sesso. l'ha segnato per sempre.
non so, penso che l'amore significhi preoccuparsi sempre del bene dell'altro prima che del tuo.
quindi non lo sento tanto come un disorso su assenza o presenza di amore. ma piuttosto come mezzo di comunicarlo.